Il Coronavirus non accenna minimamente a fermarsi, in Italia la situazione tragica sotto il profilo umano, ma anche sotto quello economico. L’edizione odierna di “La Repubblica” fa il punto della situazione a Palermo, dove il virus ha lasciato senza reddito almeno 50mila palermitani. Gira un video su Facebook che in poche ore ha raggiunto 15mila condivisioni: un palermitano, non più di 40 anni, parla alla videocamera accanto alla figlioletta che mangia un pezzo di pane con la Nutella. Si rivolge al premier Conte e al sindaco Orlando e chiede di sapere quando arriveranno gli ammortizzatori sociali: «Se mia figlia non potrà mangiare un pezzo di pane andremo ad assaltare i supermercati » . Due sere fa un gruppo ci ha provato, alla Lidl di viale Regione siciliana. E l’incubo di chi lavora nei quartieri più deboli – la bomba sociale che esplode – ha preso forma. Se a Palermo ci sono circa 80mila persone che percepiscono il reddito di cittadinanza, ce ne sono almeno altre 30mila che lavoravano in nero – in tutta la Sicilia per la Cgia di Mestre sono oltre 300mila – e con l’emergenza coronavirus sono rimaste senza un reddito, anche saltuario. Ma l’emergenza riguarda almeno altri 20mila che avevano un lavoro regolare – titolari di piccoli negozi per esempio – che con il perdurare delle restrizioni si stanno ritrovando in difficoltà. Il sindaco ieri ha chiesto al governo un “ reddito di sopravvivenza”: « Serve un provvedimento urgente del governo ». E l’assessore Giuseppe Mattina, che con le Attività sociali sta fronteggiando migliaia di richieste di aiuto, rilancia: « Reddito di cittadinanza per altri 50mila».
Carmela ieri ha chiamato Antonietta Fazio, dell’associazione San Giovanni Apostolo del Cep. Gestisce col marito un centro estetica che da quasi tre settimane, come tutti, ha abbassato le saracinesche. Carmela, 3 figli, ha dovuto chiedere aiuto per la spesa per la prima volta nella vita. Le richieste arrivate alla parrocchia sono talmente tante che da lunedì la distribuzione sarà quotidiana: 5 famiglie ogni mezz’ora, per evitare gli assembramenti. L’associazione Donne di Benin City ieri in 2 ore ha distribuito 100 pacchi di spesa tra il Capo, Ballarò e via Oreto. Al Comune, in due giorni, sono arrivate già 1200 richieste di assistenza alimentare. Ieri mattina l’unico dipendente rimasto negli uffici della Quinta circoscrizione, da Borgo Nuovo alla Zisa che conta un record con 140 prenotazioni, ha risposto a più di cento chiamate. «Abbiamo bisogno di rinforzi», dice il presidente Fabio Teresi. Che ha raccolto la storia di un commerciante di abbigliamento nella zona di via Malaspina che ha accumulato 40mila euro di perdite e si è ritrovato senza un euro sul conto dopo che la banca gli ha addebitato la rata del mutuo mandandolo in scopertura: « Non dormo da 25 giorni » , scrive Marco. Ora i commercianti con i negozi chiusi chiamano anche alla Caritas per ottenere un pasto, come racconta il vice-direttore don Sergio Ciresi. La mensa offre 100 pasti e conta su 180 volontari che consegnano la spesa a domicilio.
Giovanna Genco, preside della scuola De Amicis della Noce, si è commossa davanti alla foto di un bimbo di terza elementare che fa i compiti a mezzanotte perché solo a quell’ora è arrivato il suo turno per usura il cellulare della mamma, l’unica risorsa tecnologica di tutta la famiglia che si contendono in 4. La didattica a distanza per i bambini della Noce semplicemente non esiste: « Il 70 per cento non ha un tablet né un pc, il 40 per cento nemmeno un cellulare » . I pochi genitori che hanno uno smartphone non hanno i soldi per comprare i giga e hanno chiesto aiuto alla scuola. Alla Zisa quello che serve più di tutto è la bombola del gas, che costa 25- 30 euro. « Ci sono decine di famiglie nella zona di via Cipressi che non hanno né metano né soldi » , dice Francesco Di Giovanni del Centro Tau. All’associazione Life and Life, che lavora con la parrocchia di via Decollati, arrivano decine di richieste di pannolini e latte in polvere. « Mai così tante » , dice Valentina Cicirello.
Matteo vendeva pesce all’angolo di una strada nel cuore di Brancaccio. Con gli incassi campava moglie e due figli piccoli. Ora sopravvive grazie al centro Padre Nostro. « Ogni giorno mi domando come mai l’assalto ai supermercati non ci sia già stato», dice Mariangela di Gangi del Laboratorio Zen Insieme che racconta dei tanti che lavorando in nero il reddito di cittadinanza non lo hanno chiesto. « Chi ha scelto di lavorare oggi è più penalizzato», dice Mattina che annuncia che il Comune non si limiterà a dare la spesa ma cercherà di prendere in carico le famiglie. « La tensione sociale c’è, ma c’è anche una rete di solidarietà che può aiutare». Giusi e Marco, che abitano al centro diaconale “ La Noce”, lavoravano entrambi per una ditta di pulizie ed entrambi sono rimasti senza lavoro. Così come Milena, 60 anni, che faceva la badante a un’anziana. « Lei per esempio – dice la direttrice Anna Ponente – aspetta il reddito di cittadinanza. Ma i tempi sono lunghissimi » . All’Albergheria Giuseppe che campava come posteggiatore abusivo è rimasto senza un soldo, così come Luigi che vendeva roba vecchia al mercato dell’Albergheria. A Ballarò nessuno chiama più Lucia che guadagnava 5 euro l’ora per pulire le scale. E l’esasperazione cresce. Su Facebook Giovanni Pisciotta che vive allo Zen2 scrive: « Sono senza soldi. La gente inizierà a scendere in strada per sfamare i propri figli».