“Nonostante le sue ginocchia ormai scricchiolassero da un po’, fino all’ultimo istante in cui è rimasto in campo, è stato un maestro nel dimostrare come una mezzala debba inserirsi in area di rigore avversaria. In quelle corse spasmodiche nello spazio, nella speranza (vana, il più delle volte) che un compagno ti faccia arrivare il pallone, c’è l’essenza di Maurizio Ciaramitaro. Generoso e combattente, le sue qualità morali e l’attitudine a collaborare con la squadra hanno fatto quasi dimenticare che fosse uno che sapeva anche giocare a calcio. Palermo, Avellino, Livorno, Cesena, Parma, Chievo, Bellinzona, Modena, Vicenza e infine Trapani. Un lungo e complesso giro d’Italia, con un’incursione in Svizzera: sempre a coltivare e rinforzare il suo istinto da “vita da mediano”. Adesso, a 35 anni, un’altra vita. Un salto nel buio non facile da compiere: dal manto erboso alla scrivania, da centrocampista granata a collaboratore dell’area tecnica del Trapani. «L’avevo detto, e i fatti stanno dimostrando quanto io fossi sincero. Volevo smettere di giocare con il Trapani, e proseguire nel calcio con questa società. Alla fine dell’anno scorso – racconta – quando si è materializzata un’amarissima retrocessione, sarei voluto andare dal presidente Morace, e dirgli che avrei sottoscritto un contratto di un altro anno a qualsiasi cifra: solo per contribuire a restituire a questa città la categoria che merita. Poi, le cose si sono messe in maniera diversa, e ho dovuto rinunciare a questa prospettiva. Ho giocato dappertutto e colto la simpatia e la curiosità che Trapani ha suscitato. Ho indossato la maglia granata per quattro anni e sentito decine di amici che mi dicevano di voler venire a Trapani, a mangiare bene e vedere il mare. Il calcio è stato un volano straordinario per quella che è la mia seconda città. Rimango palermitano, ma sono soprattutto siciliano. Siamo un popolo speciale, capace di un’ospitalità impareggiabile. Nell’accettare questo nuovo ruolo, non ho sicuramente preso in considerazione l’aspetto economico. Qui, ho ritrovato il calcio che mi piace, che emoziona. E per questo sono pronto a lavorare, mettendo al servizio di questa società unica la mia esperienza». Compito non semplice. Ciaramitaro lavorerà al fianco dei due direttori Fabrizio Salvatori e Adriano Polenta («due persone da cui posso imparare tanto»). Lo sguardo è rivolto al futuro, ma i valori veri attingono dal passato: se vuoi dare un senso a ciò che sarà, devi ricordarti ciò che è stato. «Sono di una generazione diversa. Io, da bambino, ogni sera, a casa, mi lavavo il pallone. E lo portavo per strada l’indomani, per giocare. Oggi che i ragazzi giocano nelle scuole calcio, vorrei che capissero quale fortuna possiedono. E desidererei che lo capissero anche i calciatori delle prime squadre. Ho una scuola calcio a Villagrazia di Carini, e mi piacerebbe dire ai genitori che se il loro figlio non gioca è perché non ha dato il massimo: non perché l’istruttore non abbia capito quanto valga il loro ragazzo». L’ultimo pensiero è rivolto a Trapani e Palermo, le squadre a cui rimane più legato. «Il Trapani è consapevole delle difficoltà che incontrerà, ma vuole tornare in serie B. Il Palermo, invece, è attrezzato per raggiungere la serie A: non ottenere la promozione sarebbe un fallimento. Ho sempre sostenuto che Palermo debba ringraziare Maurizio Zamparini per quello che ha fatto. Quando un amore finisce, però, il matrimonio si deve rompere. Questo è il mio pensiero»”. Questo quanto riportato da “La Repubblica”.