L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sulla Guerra in Ucraina.
Il flusso dei profughi in arrivo in Italia è triplicato in 24 ore, da mille a tremila al giorno. E sono già diecimila, quasi tutti donne e bambini. «Numeri al momento gestibili, ma ci stiamo attrezzando se dovessero aumentare», dice il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio che ieri ha firmato la prima ordinanza di governance dell’accoglienza. E ha nominato commissari i presidenti di Regione, che hanno chiesto al governo di coinvolgere l’esercito per i controlli alle frontiere. Non certo per fermare chi scappa dalle bombe, ma per aiutare nei controlli sanitari.
Il governo conta sulla rete di accoglienza familiare e sugli ottomila posti letto già disponibili nelle strutture per i migranti, ha previsto l’inserimento a scuola per i bambini e i ragazzi e anche la possibilità di lavorare per tutti i profughi (il ministro Garavaglia auspica una modifica ad hoc del decreto flussi). Ma bisogna anche fare i conti con la pandemia per non rischiare una nuova emergenza sanitaria. In Ucraina, l’adesione alla vaccinazione anti Covid è bassissima: solo il 35% degli abitanti ha completato il ciclo e sono molto poco diffuse anche le vaccinazioni pediatriche.
Per questo si teme che sarà un problema convincere i profughi a immunizzarsi. Isolamento e quarantene Il ministero della Salute ha diffuso una circolare con la quale si invitano le Regioni a mobilitare le Asl. Se chi arriva non ha il Plf, cioè il Passenger locator form (cosa ovviamente scontata per chi scappa da una guerra) e nemmeno la certificazione verde deve fare un test diagnostico entro 48 ore dall’ingresso in Italia, se non gli è stato fatto al momento dell’entrata nei confini nazionali.