“Nei 106 anni di storia della Nazionale Parigi è città altamente evocativa, dal Mondiale 1938 di Meazza e Piola in poi. Stasera contro i campioni d’Europa in carica Conte deve evitare che diventi la sua ultima tappa: sia dell’Europeo sia del mestiere di ct. Ma gli servirà davvero qualcosa di storico a Saint-Denis, teatro dell’ultimo gol azzurro di Roberto Baggio e soprattutto del quarto di finale mondiale di 18 anni fa, col rigore di Di Biagio sulla traversa, che aprì l’era della Francia di Zidane. Di rado un ottavo di finale è tanto sbilanciato nel pronostico. Tecnicamente appare un atto di fede l’ipotesi della vittoria sulla Spagna: dai quarti di Euro 2008 gli 8 confronti sono stati per lo più dolorosi, tranne un paio di amichevoli, e il più doloroso la finale di 4 anni fa a Kiev. Proprio ai numerosi e recenti duelli attinge tuttavia Conte, per appianare l’oggettivo dislivello di classe tra i suoi disciplinati allievi e l’inventiva di Iniesta e compagnia palleggiante. In tre circostanze – il debutto di Euro 2012, la Confederations del 2013, l’amichevole del marzo scorso a Udine – gli spagnoli sono stati messi in crisi dagli azzurri. Del Bosque ne è consapevole, così come dell’allergia della sua squadra alle difese avversarie a 3 (le disfatte al Mondiale con Olanda e Cile lo dimostrano), e infatti trapela l’idea di una sorpresa tattica: non è escluso il ripristino di Fabregas falso nueve, mossa in passato indigesta agli azzurri, col centravanti Morata falso esterno di centrocampo, sottratto alle grinfie degli ex compagni della difesa juventina. La pretattica di Conte si limita per ora alla scelta dell’esterno sinistro (De Sciglio o Darmian): fino all’annuncio delle formazioni tutto può accadere. La ricetta contiana è nota: ritmo altissimo, sfruttamento massimo delle fasce laterali per allontanare i maestri del passaggio dalle amate zolle del centrocampo, pressing ossessivo. Nel laboratorio di Montpellier, difeso da vedette armate e filo spinato come nemmeno la Silicon Valley, è stata ulteriormente perfezionata. Il ct accarezza l’idea di dimostrare come la sua miscela tra una perfetta fase difensiva e un attacco istantaneo in verticale rappresenti la terza via, rispetto alle due scuole iberiche dominanti, guardiolismo e cholismo. Il punto di forza resta appunto la difesa, incarnata non solo dall’affiatato quartetto juventino, ma anche dai pressatori Parolo e Giaccherini, incaricati di impedire i diabolici e improvvisi assist di Iniesta. Se però evitare il gol altrui è la priorità, l’incognita sta nella capacità di segnarlo agli altri. Conte rifiuta la semplificazione e preannuncia un’Italia d’attacco, anche se la tempesta degli infortuni accresce la fatica dell’approdo alla porta altrui. Marchisio e Verratti si sono fatti male prima dell’Europeo, Candreva durante, e adesso la somma del talento e delle variazioni sul tema del lancio frontale di Bonucci per le sponde di Pellè e per le incursioni di Giaccherini si è pericolosamente abbassata. Il rimedio pare una tattica sofisticata, tre moduli in uno, col pendolo Giaccherini tra un reparto e l’altro a cambiare il 3-5-2 in 4-2-4 o 3-4-3. Nella ripresa Insigne ed El Shaarawy, se la partita non si sarà ancora sbloccata, potrebbero servire a indirizzarla dove nessuno si aspetta. Per il capitano Buffon è l’ultimo Europeo, con vista sul Mondiale 2018 e un messaggio a Ventura: «Voglio giocare per altri due anni. Deciderà il campo. Se piacerò al nuovo ct, sarò contento di restare in Nazionale. Qui mi emoziono ancora, al punto che dopo le partite mi viene la febbre». E non pensi la Spagna di avere già vinto: «Nei 4 anni in cui ha dominato il calcio mondiale gli unici a farla soffrire sempre siamo stati noi»”. Questo quanto scritto dall’edizione odierna de “La Repubblica”.