L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sulle misure per arginare l’emergenza Coronavirus. Il nuovo decreto apporta due importanti correttivi: le sanzioni fin qui adottate per chi non rispetta le regole diventano multe immediatamente esigibili e ai presidenti delle Regioni viene lasciato il potere, in casi di situazioni particolarmente gravi, di adottare misure più severe di quelle nazionali. Quelle già in atto potranno continuare ad applicarsi – precisa Palazzo Chigi – solo per i prossimi dieci giorni. Il governo mantiene comunque il ruolo di coordinamento. Con un impegno: ogni quindici giorni il premier o un ministro si presenterà in Parlamento per riferire sulle misure adottate. La decisione arriva dopo il Cdm: è punito col carcere da uno a cinque anni chi è in quarantena perché positivo al Coronavirus ed esce intenzionalmente di casa violando il divieto assoluto di lasciare la propria abitazione. Poi le multe da pagare subito. E anche salate, da 400 a 3.000 euro. Confidando in quell’effetto deterrenza che scoraggi quella parte di italiani che ancora non rispettano le limitazioni. Non c’è il ventilato sequestro di auto e moto dei disubbidienti, ma la multa a chi viene beccato a spostarsi con un mezzo senza giustificazione sarà aumentata di un terzo. Nessuna militarizzazione delle strade il cui controllo resta affidato alle forze dell’ordine. Le altre misure di contenimento riassunte nel decreto sono quelle già contenute nei precedenti provvedimenti. A cui si aggiungono quelle, diverse, assunte dalle singole Regioni alle quali il governo ha deciso di lasciare la libertà di adottare regole ancora più stringenti ma solo in caso di situazioni contingenti di particolare gravità. «Lasciamo che i presidenti adottino misure anche più severe ma rimane la funzione di coordinamento e omogeneità del governo. La competenza sulle misure restrittive deve essere dello Stato», precisa Conte che poi, a denti stretti, spiega che non c’erano molte altre strade visto che le competenze sulla sanità sono delle Regioni e avocarle al governo sarebbe stato controproducente. Insomma, meglio l’auspicata collaborazione che un braccio di ferro che il Paese non si può permettere. «La filiera alimentare sarà assolutamente garantita ma posso anche garantire che sarà assicurato il rifornimento del carburante. Confido che questi annunci di sciopero possano rientrare perché noi dobbiamo garantire a tutta la comunità nazionale l’approvvigionamento di tutti i servizi essenziali», rassicura il premier annunciando una nuova ordinanza della ministra dei Trasporti Paola De Micheli per regolare gli orari degli impianti di carburante venendo incontro alle richieste della categoria.