“Quando Conte ha dato i numeri, quelli delle 23 maglie per l’Europeo concertati col capitano Buffon e poi comunicati dal segretario Vladovich, gli azzurri non hanno avuto bisogno di consultare la smorfia del calcio, né della consulenza dei napoletani Immobile e Insigne. Più o meno tutti conoscevano il significato delle cifre che porteranno sulle spalle in Francia: vengono identificati nel proprio club dallo stesso numero. Una vistosa eccezione, però, c’era: il fatidico 10, il cui significato universale – genio, sregolatezza, fantasia, classe – è noto a ogni calciofilo. Bastava un’occhiata alla rosa della Nazionale, per constatare l’assenza dei requisiti. Così il ct, sprovvisto del candidato naturale Verratti, ha optato per la soluzione che certifica la natura operaia della squadra: Thiago Motta, l’oriundo che non incarna certo l’estro dei predecessori Sivori, Rivera, Antognoni, Baggio, Del Piero e Totti. Alla scelta Conte è approdato per esclusione, scartando chi, per gioventù o per carattere, avrebbe rischiato di risentire del peso della maglia. E poi la tradizione racconta di eroi diventati eroi per altre vie: col 20 e col 21 Insigne e Bernardeschi proveranno a emulare Paolo Rossi e Pirlo. El Shaarawy conserverà il familiare 22. In un ardito tentativo di metempsicosi calcistica, Sturaro col 14 tenterà di prendere l’anima calcistica di Tardelli, Ogbonna col 5 la forza e l’elasticità di Cannavaro, Florenzi con l’8 la tenacia di Gattuso. Il duello per il 10 si è dunque ristretto a De Rossi e Motta. Ma al primo, che indossò il pesante simbolo nello sventurato Mondiale 2010, è andato il più rassicurante 16. È rimasto lui, Thiago Motta, 34 anni, il più avvezzo alle sfide di Champions (quarti di finale col Psg), il Barcellona in gioventù, un infortunio grave, il Genoa per il traghettamento in serie A, il triplete con l’Inter di Mourinho, il Mondiale 2014 da riscattare. È nato e cresciuto a San Paolo, la città italiana più grande del mondo come dicono in Brasile i nipoti degli immigrati, e ha un bisnonno veneto del Polesine che gli è valso il passaporto. Secondo Conte, ha spalle larghe per reggere la pressione: «È un uomo». Forse gli toccherà reggere anche il centrocampo: è in ballottaggio con De Rossi come regista di una Nazionale di eclettici, che oscilla sempre più tra il 3-5-2 e il tridente d’attacco. Chi storce il naso può consolarsi con la storia dei numeri 10 a Mondiali ed Europei. Oltre ai suddetti stilisti, ci sono stati, talvolta per assegnazione alfabetica, anche l’illustre terzino Facchetti, Albertini una tantum, i mediani Bertini, Benetti, Bagni e De Agostini, e poi Juliano e Dossena comparse loro malgrado, Di Natale sfortunato, Cassano lunatico. L’abito, anzi il numero, non fa il monaco. Anche se ieri, quando Pellè si è fermato per un problema al ginocchio, gli avevano appena fatto la foto ufficiale col numero 9 (dopo l’accordo Eni-Figc, 10 milioni fino al 2018) e il pensiero è corso all’ultimo Balotelli. Visita del professor Castellacci e scampato pericolo. Con un’altra smorfia: di preoccupazione”. Questo quanto scritto dall’edizione odierna de “La Repubblica”.