Repubblica: “Italia contro il virus. Gli anziani «Se si ammalano, i parenti non vengono avvertiti». E le case di riposo diventano prigioni senza scampo”
L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sulla situazione degli anziani. «Una volta che il virus entra nelle case di riposo, gli anziani muoiono come mosche», dice senza girarci troppo intorno Luca Degani, presidente dell’associazione Uneba, che rappresenta il 60 per cento delle case di riposo della Lombardia. I numeri sono impressionanti e parlano da sé: a Mediglia in pochi giorni se ne sono andati 56 ospiti e altri 100 sono ammalati, alla Santa Chiara di Lodi ne sono morti 43, a Gandino (Bergamo) 24, a Quinzano d’Oglio (Brescia) 20 e l’elenco potrebbe continuare. Anche fuori dalla Lombardia sta accadendo lo stesso: in Trentino 13 morti in un giorno nelle rsa, a Cossato (Biella) sei deceduti in quattro giorni, e poi centinaia di infettati in tutta Italia, dalla Liguria alla Sicilia, dalle Marche alla Puglia. Non solo gli anziani però, perché si stanno ammalando decine di operatori sanitari e di assistenza delle strutture, che per settimane hanno lavorato senza alcun dispositivo di protezione individuale. Entrando ed uscendo dal luogo di lavoro, ogni giorno.
Dietro alla freddezza dei numeri, alla distanza che separa chi sta dentro questi ospizi e chi continua la sua vita fuori, ci sono però ragioni e sentimenti fortissimi spezzati senza neanche capire bene cosa stesse accadendo. Luoghi dove gli anziani non autosufficienti — insieme ai bambini le persone più fragili della nostra società — vanno via uno dietro l’altro e il personale scappa, perché intuisce che dentro a quei reparti l’unico destino che unisce tutti è quello del contagio. «I nostri vecchi non ce li ridarà più nessuno, ma ci stiamo organizzando in un comitato e abbiamo dato incarico a un legale di presentare una denuncia contro ignoti», spiega Leonardo La Rocca, dipendente pubblico lombardo, 43 anni, che dentro alla Borromea sempre di Mediglia ha la nonna di sua moglie, 90 anni, che lotta fra la vita e la morte; in più però ha visto infettarsi anche i suoceri settantenni, entrati nella struttura fino al 22 marzo, dopo che c’erano stati i primi morti. «Nessuno li aveva avvertiti, li hanno fatti entrare con la mascherina, ma la nonna non l’aveva, come non l’aveva il personale sanitario — aggiunge La Rocca — Quindi sono rientrati a casa e hanno infettato mezzo condominio, prima di stare male e di fare il tampone che li ha certificati anche loro come positivi».