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Repubblica: “Indagine sulla Zona Rossa, Conte ai pm “Ho deciso io con massima precauzione”

Giuseppe Conte, presidente del Consiglio dei Ministri, ieri ha risposto ai pm di Bergamo come persona informata sui fatti sulla mancata istituzione della zona rossa nei comuni di Alzano Lombardo e Nembro, massacrati dal Virus, in provincia di Bergamo. L’edizione odierna di “La Repubblica” riporta le parole del premier : «Ho deciso dopo un’attenta valutazione e ispirandomi al principio di massima precauzione».
Dopo giorni di tensioni, i magistrati si presentano a Palazzo Chigi guidati dal procuratore aggiunto Maria Teresa Rota. L’avvocato affronta l’appuntamento con «coscienza serena ». L’incontro è lungo, le domande dei pm – trapela dal governo – intervallate anche da una fase di «confronto cordiale». Alla fine, Conte confida ai suoi ministri: «Ho chiarito tutto». E si dice certo che non finirà sotto inchiesta.
Sono tre ore lunghe, però. Molto lunghe. Durante le quali Conte rivendica ogni singola decisione assunta dal 3 al 7 marzo. Propone ai giudici la sua personale cronologia degli eventi.
Ma facciamo ordine, secondo quanto si può ricostruire dell’intervento consegnato agli inquirenti.
Il 3 marzo il Cts consiglia la chiusura dei due comuni, ma Palazzo Chigi non è conseguente. La ragione? I dati del 3 e 4 marzo – spiega Conte – indicano un andamento del contagio «ormai critico» in buona parte della Lombardia e non solo ad Alzano e Nembro. Di più: il premier sostiene di trovarsi di fronte a un caso diverso rispetto a quello di Codogno, dove fu subito decretata la zona rossa. La differenza è che il focolaio non è isolato, ma esteso ad ampie aree della regione. Solo il 5 marzo, ammette l’avvocato, l’esecutivo sollecita un approfondimento a Brusaferro. Il presidente dell’Iss lo fornisce la sera del 5, ribadendo che quei due comuni andrebbero chiusi. A questo punto, Conte sostiene una posizione finora mai resa nota: il 6 mattina si reca alla protezione civile – per incontrare il Cts – «pronto a firmare » il provvedimento per le zone rosse. Nel confronto con gli esperti, però, ed «esaminando i nuovi dati», Conte e Roberto Speranza (sentito dai pm assieme alla ministra dell’Intero Luciana Lamorgese) si convincono della necessità di una «misura ancora più radicale», cioé il lockdown dell’intera Lombardia, visto che la fotografia epidemiologica è «peggiorata un po’ ovunque». È la soluzione più prudente, sostiene l’avvocato. Tra il 6 e il 7, il Cts rivede completamente la precedente valutazione, convincendosi della necessità di un intervento più drastico. Il 7 il parere degli scienziati è acquisito, alle due di notte dell’8 arriva il dpcm con cui si chiude la regione e altre quattordici province.
Questa scansione delle decisioni comportò in ogni caso un ritardo di quattro giorni tra il primo allarme del Cts e il varo del decreto per il lockdown. È il punto da cui parte ogni ragionamento dei magistrati: questa scelta causò un numero più elevato di vittime? Ed è dimostrabile il nesso di causalità? Alla vigilia dell’incontro con i pm, il premier si sbilancia in privato coi suoi ministri, restando nel campo delle ipotesi di scuola: no, è difficile dimostrare questo nesso.
Non è l’unico punto sensibile. Il 5 marzo nel bergamasco furono mobilitate le forze dell’ordine, pronte a intervenire per sigillare l’area candidata a diventare zona rossa. Non nega questa circostanza, Conte. E anzi la rivendica, visto che tra le due opzioni in campo c’era il lockdown dei due comuni suggerito dal Cts.
Il nodo più delicato, però, riguarda il rapporto tra il governo e la Lombardia. Innegabili i contatti tra Palazzo Chigi e il governatore Attilio Fontana, anche in quei giorni. Conte sostiene che la scelta di non chiudere fu sua, ma che la Regione avrebbe potuto autonomamente ordinare la zona rossa. Il premier fa però trapelare anche un altro concetto: «Non ho mai voluto scaricare responsabilità o attaccare la Lombardia. Mi domandarono se potevano chiudere, dissi di sì. Poteva deciderlo il governo o la Regione».
A sera, la speranza dell’esecutivo è di aver scampato il rischio di ritrovarsi con un premier o due ministri indagati. Uno spettro che stava forse dietro a quel ragionamento di Conte – c’è un pezzo di Stato che vuole far cadere il governo – fatto trapelare e poi smentito. Un nervosismo che l’ha probabilmente spinto anche a una accelerazione nell’annuncio degli Stati generali.
Anche Speranza, intanto, giura di essere sereno. «Chiunque ha avuto responsabilità dentro questa emergenza, dal capo dell’Oms al sindaco del più piccolo paese, deve essere pronto a rendere conto delle scelte fatte».

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Redazione Ilovepalermocalcio