L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul Newcastle pubblicando il racconto di una “maledizione”.
«Caro Norm, ho scoperto che sei stato tu, che impersoni la mascotte della squadra, a rubare i miei scarpini preferiti. Da allora, accumulo sfighe e ammonizioni. Quindi riportami le scarpe, se no me le verrò a riprendere io con la forza». Firmato: David Batty, ex tignoso mediano del Newcastle e della nazionale inglese.
Il Newcastle ha un po’ la stessa sindrome maledetta della lettera di Batty, oggi esposta allo “Strawberry”, l’affollato pub dei tifosi delle gazzeladre ( magpies , dal bianconero delle maglie). Si chiama così perché qui intorno, nel XVIII secolo, le suore coltivavano fragole. La birreria è a un angolo del St James’ Park, il più antico stadio dell’Inghilterra del nord est (1880) e casa del Newcastle, sin dalla fusione un anno dopo delle due flebili squadre cittadine, l’East e il West End. Sinora, però, il bottino di trofei è stato parco: in 140 anni, solo quattro campionati (l’ultimo nel 1927), 6 FA Cup, una Supercoppa e, ultimi, la Coppa delle Fiere del 1969 e l’Intertoto nel 2006.
La presunta maledizione, come spiega Ged Clarke autore di Newcastle United, 50 anni di dolore , ispira varie leggende in città, in primis quella della «vendetta dei fantasmi dei morti impiccati secoli fa dove oggi sorge il St James’». Tanto che quando Gullit arrivò ad allenare qui chiese un consulto spirituale. Ma soprattutto, la maledizione è aggravata anche da un peccato originale: Newcastle è l’unica grande città d’Inghilterra ad avere una sola squadra. Le pesanti e malinconiche aspettative sulle magpies hanno così aumentato il rammarico e le delusioni patite nella storia, soprattutto negli ultimi decenni, con la sciagurata gestione di Mike Ashley e i suoi astrusi acquisti, che hanno gonfiato a dismisura la frustrazione dei tifosi. I quali, almeno coloro con cui abbiamo parlato in città, non sono affatto scandalizzati dal controverso arrivo del fondo saudita Public Investment Fund, che con centinaia di miliardi in cassa promette di fare di Newcastle la mecca del calcio, oltre che la squadra più forte del mondo.
«Mi spiace per quanto accade in Arabia Saudita, ma abbiamo aspettato troppo», ci dice John, cliente abituale dello Strawberry, che ora vuole rifarsi l’abbonamento dopo 6 anni.
La barista Angie, nello spigoloso e inimitabile accento del decaduto Tyneside, non vede «l’ora di accogliere sempre più tifosi, anche durante i giorni feriali. Saremo il centro del mondo, finalmente. E lo vedremo da domenica», cioè domani pomeriggio, quando il Newcastle giocherà la prima partita nella sua nuova pelle, in casa contro il Tottenham. Shannon, invece, preside di una scuola elementare vicina, è così felice che ci abbraccia e ci dice: «Anche i nostri bambini sono esaltatissimi ». Mentre Roger Hutchinson, autore del libro The Toon (ossia come i locali detti “Geordie” pronunciano town), si dice col cuore «diviso» per questa nuova frontiera del Newcastle, «tuttavia i tifosi sono stati esasperati da Ashley e quindi ora gli va bene tutto: hanno la pelle dura». Sarà una macchia indelebile sulla reputazione del club? «No, tutto il calcio è già macchiato dai suoi affari».