Ieri c’è stata l’indulgenza plenaria di Papa Francesco per l’emergenza Coronavirus in tutto il mondo. L’edizione odierna di “La Repubblica” fa il punto della situazione sull’invocazione del pontefice in una Piazza San Pietro desolata. Si sono come fuse assieme le due caratteristiche più spiccate della personalità di Papa Francesco già presenti a Buenos Aires quando, come ripete lui stesso, guidava «l’altra diocesi». In una piazza San Pietro completamente deserta per un momento straordinario di preghiera nel tempo della pandemia da coronavirus, davanti alle telecamere di tutto il mondo che riprendono immagini che non hanno precedenti nella storia, Jorge Mario Bergoglio mostra sia il volto del pastore che segue il gregge e si adegua alle sue devozioni andando a venerare due simboli, l’immagine della Salus Populi Romani e il Crocifisso di San Marcello, cari alla città di Roma, sia la faccia spesso osannata ma da molti poco ascoltata del Pontefice venuto da lontano che chiede di abbandonare il senso di onnipotenza che pervade l’agire dell’uomo: «Ci credevamo sani in un mondo malato », dice.
A pochi passi dal cancello centrale della basilica tenuto spalancato sul luogo di culto, deserto, centro della cristianità, Papa Francesco è in piedi in silenzio, dietro di sé l’icona bizantina di Maria conservata in Santa Maria Maggiore e il crocifisso oggetto della venerazione dei romani che nel 1500 una tradizione dice salvò la città dalla peste. Più sotto sei candelabri illuminano il sagrato silente, in questo venerdì trasformato dal vescovo di Roma in preghiera. Soltanto monsignor Guido Marini, maestro delle cerimonie pontificie, lo accompagna, lo aiuta a salire i lunghi gradini del sagrato, ascolta insieme a lui un lettore cantare il passo del Vangelo di Marco che racconta dello smarrimento e della paura dei discepoli quando in barca sono sorpresi da una improvvisa tempesta. Tutt’intorno le parole sono coperte soltanto da alcune sirene di ambulanze capaci a tratti di sopraffare la voce un po’ affannata del Papa.
Il Vangelo parla di Gesù che dorme e dei discepoli che, prima che le acque si calmino, vacillano. «Da settimane — ricorda Francesco agganciandosi al passo appena ascoltato — sembra che sia scesa la sera». Infatti, «fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi». Ma «da questo colonnato che abbraccia Roma e il mondo», il Papa chiede che «scenda» su tutti, «come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio». «Signore — dice Francesco — benedici il mondo, dona salute ai corpi e conforto ai cuori». In questi momenti, del resto, «quanta gente esercita ogni giorno pazienza e infonde speranza, avendo cura di non seminare panico».
Cupe nuvole coprono il cielo di Roma e scaricano pioggia. La serata ricorda molto quel 13 marzo del 2013 quando fu eletto al soglio di Pietro. Allora c’erano migliaia di persone a salutarlo. Mai avrebbe immaginato, sette anni dopo, di trovarsi solo. Prima della benedizione Urbi et Orbi eccezionalmente proposta in questa Quaresima senza riti e celebrazioni comuni, e dell’indulgenza plenaria concessa a tutti, il Papa che vive giorni di isolamento a Santa Marta, adora in solitudine l’eucaristia. «Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami — dice rivolto a Dio — , non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato». Da questo colonnato «che abbraccia Roma e il mondo», incalza il Papa, «scenda su di voi, come un abbraccio consolante, la benedizione di Dio». Francesco, che recentemente ha confidato di aver avuto nella sua vita dubbi di fede che oggi, tuttavia, sono svaniti, chiede al Signore di benedire il mondo: «Dona salute ai corpi e conforto ai cuori». E ancora: «Ci chiedi di non avere paura. Ma la nostra fede è debole e siamo timorosi. Però Tu, Signore, non lasciarci in balia della tempesta».
Il buio è ormai sceso su Roma quando Francesco rivolge un’ultima supplica per i medici in prima linea nella lotta al coronavirus e gli operatori sanitari «stremati dalla fatica », e anche per i politici e gli amministratori «che portano il peso delle scelte da fare». Quindi, da solo, fa ritorno a Casa Santa Marta. Guarda per terra, non parla. Tocca l’immagine di Maria, bacia i piedi del crocifisso e s’incammina. Lo aspetta un pasto leggero e caldo, consumato da solo nella sua stanza. Da giorni non mangia nella mensa comune. L’isolamento è reale anche per lui.