L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul nuovo Palermo che dopo la vittoria col Bari si rilancia per la A diretta.
Le aquile sono tornate a volare, è tornato l’entusiasmo e adesso c’è anche il Palermo di Corini nella corsa per la Serie A diretta: è inevitabile dopo gli ultimi risultati che hanno visto il club della galassia City crescere di gara in gara fino all’ultimo 3-0, senza appello, inflitto al Bari al “Barbera” proprio lì in casa dove nel girone d’andata si faceva fatica a centrare il risultato con il terrore di eventuali contestazioni.
Un trend totalmente invertito grazie alle quattro vittorie consecutive tra le mura amiche con Pisa, Cremonese, Modena e poi contro i biancorossi, che ora donano la percezione di un gruppo galvanizzato e conscio delle proprie possibilità. Traguardo (iniziale, per carità) raggiunto con l’applicazione — mantra del “Genio” — e col lavoro visionario del direttore sportivo che ha fatto sue le indicazioni della casa madre per mettere a segno dei colpi da subito decisivi in sede di mercato. Dalla richiesta di profili giovani e futuribili ma assolutamente pronti a scendere in campo per fare la differenza, Rinaudo ha tirato fuori dal cilindro tre nomi e due di questi sono già protagonisti delle pagelle stilate in tutta Italia.
L’ex Juve ci ha provato sin dal match col Catanzaro in cui è stato gettato nella mischia stupendo per movimenti e intensità. A inizio seconda frazione una sua accelerazione avrebbe potuto addirittura portare al vantaggio; invece, il primo gol è arrivato contro l’undici di Marino grazie a un destro di contro balzo che ha pietrificato Brenno infilandosi all’incrocio. Inchino e standing ovation dalla curva: un’emozione da condividere con i parenti, per l’occasione presenti allo stadio.
E c’è anche Diakité, nell’equazione del successo, che si è presentato carico e soprattutto al momento giusto dato l’infortunio di Lucioni costretto a rientrare a metà marzo. L’ex Ternana ha fatto sua una fascia destra considerata senza padrone dopo l’addio annunciato di Mateju che non dava le giuste garanzie in termini di spinta e in seguito all’avvicendamento di vari interpreti adattati per l’occasione (vedi Graves). Può anche giocare da centrale, però, anche se al debutto si è mostrato nella veste di martello pneumatico, spingendo sull’out e obbligando gli avversari al fallo. Suo il merito della punizione da cui è scaturito il 2-0 sul Bari