Repubblica: “Il Gazzi-pensiero invade il web. «Medito, dunque gioco a calcio»”
“«Corro, penso, scrivo». È l’immagine che ha scelto di dare di sé Alessandro Gazzi, centrocampista del Palermo arrivato qualche giorno fa dal Torino. Questo, infatti, è il titolo che compare sul suo blog. Il centrocampista è lontanissimo dagli stereotipi del calciatore tutto veline e tatuaggi. Anzi, quando il giorno della presentazione ha parlato del suo ruolo, è sembrato più vicino al modo di intendere il calcio che avevano certi giocatori di una volta piuttosto che a quello che ormai hanno i proprietari di creste, scarpe colorate e macchinoni: «Ho giocato in un 3-5-2 da metodista», ha detto Gazzi rispolverando un termine che nelle scuole calcio di oggi neanche si usa più. E sabato sera, quando ha esordito in maglia rosanero, era l’unico con le scarpe tutte nere ai piedi. Un marziano arrivato dal pianeta calcio a Palermo? Niente di tutto questo: «Mi chiamo Alessandro Gazzi — scrive — sono nato a Feltre in provincia di Belluno il 28 gennaio 1983 da papà Francesco e mamma Dolores. Ho una sorella, Rebecca, 3 anni più piccola di me. Sono sposato dal 2007 con Deborah e ho tre figlie: Camilla, Nicole ed Emily. Sono un calciatore professionista attualmente in forza al Palermo». Una persona senza grilli per la testa. Normale come tante altre, insomma. E che non fa nulla per nascondere la sua eccezionale normalità. «Ho 33 anni e gioco a calcio — dice — inimmaginabile, fino a qualche tempo fa, la scelta di rendermi più social. Questo è il concreto inizio di un nuovo percorso intrapreso nel corso di due anni ricchi di idee, conversazioni e riflessioni. È la sfida vinta contro l’introversione, la timidezza e i silenzi del mio essere. La mia valvola di sfogo creativo». La meditazione, quasi di nascosto dagli sguardi dei suoi compagni di squadra del Torino, lo ha aiutato in un momento difficile della carriera. Quello che è seguito allo scandalo del calcioscommesse che lo ha investito quando era già in granata. Gazzi ha scelto la strada del patteggiamento accolto a luglio del 2013: tre mesi, dieci giorni e 40 mila euro di ammenda per due omesse denunce per le partite Bari-Treviso 1-0 dell’11 maggio 2008 e Salernitana-Bari 3-2 del 23 maggio 2009. Il percorso che lo ha portato alla meditazione lo racconta lui stesso, manco a dirlo, sul suo blog. «Accadde tutto in maniera naturale — dice — comprai un libro, ci lessi un concetto sconosciuto, navigai in internet alla ricerca di ulteriori informazioni. Preso dall’entusiasmo scambiai mail con Alberto, un mio ex preparatore atletico, acquistai altri libri e allargai gradualmente i miei orizzonti giorno dopo giorno. Verso luglio 2014 il mio futuro calcistico era perlopiù ignoto, di difficile decifrazione e nonostante l’incertezza mi sentivo incredibilmente sereno e tranquillo. Perché ero consapevole che la nuova, immaginaria strada intrapresa dal mio pensare mi avrebbe portato ancora lontano». Gazzi non lo racconta, ma qualche risatina forse i compagni di squadra se la saranno fatta immaginandolo intento nella meditazione. «È già da tempo — racconta — che spendo i pochi minuti che precedono l’allenamento per i miei abituali esercizi di concentrazione in palestra. Non è stato sempre così. Prima andavo in una saletta dei preparatori atletici, a fine seduta, lontano da occhi indiscreti. E prima ancora invece mi rifugiavo nella toilette degli spogliatoi, una sede alquanto angusta, ma in un certo qual modo confortevole: mi barricavo dentro, abbassavo il copritazza e seduto con gli occhi chiusi iniziavo nel mio solitario monologo mentale».Una meditazione che lui stesso definisce concentrazione. Nessuno scenario ascetico, solo la ritrovata consapevolezza dell’identità mente-corpo. «Medito. O meglio, mi concentro — scrive — cinque, dieci minuti al giorno, non di più. All’inizio sono i pensieri, i suoni circostanti ed il respiro. Poi il respiro e le sensazioni corporee. Infine le visualizzazioni: nel mio allenamento mentale sono previste le immagini di gioco in prima persona, io che recupero palla, io che imposto l’azione, io che rilancio un contropiede, io che incito i compagni, io che segno, io che esulto. Nient’altro»“. Questo quanto riporta l’edizione odierna de “La Repubblica”.