“Così i Tuttolomondo svuotarono le casse rosa”

L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul fallimento del vecchio Palermo targato Tuttolomondo.

I fratelli di Portici arrestati ieri mattina dal nucleo di polizia economico finanziaria di Palermo e dal nucleo speciale di polizia valutaria erano davvero dei maghi della truffa, sempre in cerca di buoni affari in giro per l’Italia.

L’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Dario Scaletta e Andrea Fusco contesta non solo la bancarotta fraudolenta, ma anche l’indebita compensazione di imposte con crediti inesistenti, l’autoriciclaggio e il reimpiego, il falso e l’ostacolo alle funzioni di vigilanza della Covisoc (la commissione di vigilanza sulle società di calcio). È scattato anche un sequestro preventivo di un milione e 395 mila euro. «Un’indagine estremamente complessa», dice il generale Antonio Quintavalle Cecere, il comandante provinciale della guardia di finanza. Il colonnello Gianluca Angelini, il comandante del nucleo di polizia economico finanziaria, spiega: « Siamo riusciti a decifrare cos’era davvero accaduto grazie alle intercettazioni e a un’approfondita analisi della documentazione contabile.

«Gli indagati hanno cercato il colpo di mercato – ha scritto ancora la procura – acquistando a dieci euro (praticamente gratis) una società calcistica in stato di insolvenza, con la prospettiva tuttavia della promozione in A». Ma hanno finito per razziarne i conti. «Salvatore Tuttolomondo ha un eloquio molto coinvolgente – ha detto Daniela De Angeli, la storica collaboratrice di Zamparini, sentita come testimone dalla guardia di finanza – da parte degli altri c’era una sorta di sudditanza psicologica».