L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul Palermo e sugli “highlander” di Corini.
Una pattuglia di cinque fedelissimi, di cui tre che non hanno mai saltato un solo minuto. E poi una macchina dove quasi tutti hanno dato un contributo, tanto che hanno giocato in 22 e segnato in 11. Se Eugenio Corini ha sempre detto che il suo Palermo è una squadra da 22 titolari questa affermazione è dimostrata dai numeri, eppure anche una formazione con tante variabili e gerarchie fluide ha i suoi insostituibili. Tra i rosa, nelle prime 8 giornate di campionato, questi si chiamano Pigliacelli e soprattutto Lucioni e Ceccaroni, il cemento solido sul quale l’allenatore bresciano ha costruito il salto di qualità di un reparto che ha subito solo 4 gol, con la media di uno ogni due partite.
Sia l’ex Frosinone che l’ex Venezia hanno giocato tutti i 720 minuti a disposizione. Nel caso di Ceccaroni non è arrivato il cambio nemmeno quando si è disimpegnato per necessità sulla fascia sinistra. Seguono, tra gli intoccabili, anche Matteo Brunori a quota 703 minuti, perché sostituito contro l’Ascoli all’83esimo e Mateju, che è uscito anzitempo, al 73’, contro il Venezia, a causa di un infortunio. Tolto questo blocco di insostituibili, Corini ha dato fondo a tutta la rosa che ha a disposizione con gerarchie mutevoli.
In attacco non hanno raggiunto i 400 minuti né Roberto Insigne né Di Francesco: il primo per gli infortuni e il secondo perché ha esordito soltanto nel finale della terza giornata. Così, ad esempio, Di Mariano che in teoria starebbe un passo indietro, ha giocato di più dei due esterni arrivati dal mercato, anche al netto dello stop per infortunio. Ma è a centrocampo che tutto è in movimento e nessuno è padrone del posto. Il più impiegato è Segre, che è ha giocato titolare solo 5 volte, è subentrato in due occasioni ed è rimasto in panchina per una partita intera. Seguono poco dopo Claudio Gomes e Leo Stulac che sinora si sono alternati con un equilibrio quasi perfetto.