L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sulla politica del City Group che nonostante le contestazioni della piazza ha confermato Eugenio Corini sulla panchina del Palermo.
Molti sono ancora ancorati con la mente all’esonero facile di Maurizio Zamparini che avrebbe già litigato con Corini nonostante la posizione in classifica. Forse sarebbe bastato il solo pareggio con lo Spezia dopo la sosta a indispettire il furioso patron che con la nuova proprietà ha pochi tratti in comune. Il City Group non esonera. O quasi. Lo fa soltanto quando è strettamente necessario e soprattutto se viene meno il percorso e gli intenti concordati insieme agli allenatori. Non è questione di tempo o, volgarmente, di soldi: quelli ci sono in abbondanza e permettono una programmazione visionaria che punta in particolar modo al futuro grazie una vera e propria multinazionale dove il sistema del franchising sposa il football business.
Ma non bisogna tirare troppo la corda. Certo, ci sono eccezioni nell’universo creato dal gruppo di Mansur, composto da 12 squadre provenienti da tutto il mondo (più una partner). Esempio esemplificativo è quello di Roberto Mancini al Manchester City, club su cui il gruppo di Abu Dhabi ha puntato tutto. Campagne faraoniche, ma con gli arrivi di Adebayor e Tevez la formazione non andò oltre il quinto posto. Spesa? Cento milioni per tagliare col passato ma nessuna frenesia: è bastata, intanto, la qualificazione in Europa League.
In Europa, realtà geograficamente più vicina al Palermo a differenza del mercato asiatico profondamente diverso nelle meccaniche, la linea è la stessa di sempre. Nulla da dire su Miguel Ángel Sánchez Muñoz che domina la Liga col Girona ed è saldo da più di due stagioni, ma prima di trovare la formula per abbandonare la Segunda Division sono stati cambiati Machìn, Sacristan e Martì: a loro è stato comunque concesso tempo di esprimersi fino a fine torneo, a differenza del Lommel che si è assestato con Steve Bould dopo aver cambiato tra il 2021 e il 2022 due allenatori. Interessante la situazione di Patrick Kisnorbo al Troyes, figura assimilabile a Eugenio Corini con cui condivide alcune analogie: entrambi ex calciatori, sono tornati da tecnici nel loro club più rappresentativo.
Kisnorbo fu eroe di Melbourne in campo e in panchina, riuscendo ad agguantare nella parentesi da allenatore Ffa Cup, titolo australiano e tre Premier’s Plate che sono valsi il trasferimento in Francia da uomo di fiducia della holding e la recente conferma nonostante i deleteri risultati che vedono la società diciassettesima dopo la retrocessione in Ligue 2. Periodo “no” prolungato e appena 13 punti, ma non si cambia niente. Il Bahia è l’ultima realtà ad essere entrata nella famiglia Mansour, lì in Brasile dove il calcio è per certi versi “esagerato” dalla reazione dei tifosi alle sconfitte: circa 37.000 a gara quelli del Bahia. Una pressione che ha convinto Renato Paiva alle “baldiniane” dimissioni a stagione in corso e subito dopo l’arrivo della proprietà.