“SI fa presto a dire “italiani”. Anzi. “Giovani e italiani”. Parole magiche, buone per tutte le stagioni. Frasi del tipo: «Non potendo competere con certi club, a livello di risorse economiche, cercheremo di puntare sui giovani. Meglio se italiani». La Fiorentina, tanto per fare un esempio, lo dice da anni. «Italianizzare la rosa è una delle priorità dei Della Valle», hanno raccontato più volte i vari Pradè, Rogg, Corvino e compagnia. Tutto bello, per carità. Tra il dire e il fare, però, c’è di mezzo un mare di euro. È sempre quello il problema. Basta dare un’occhiata a ciò che sta succedendo (anche) in questo mercato di gennaio. Mattia Caldara (Atalanta) che finisce alla Juventus (si vestirà di bianconero probabilmente nel 2018) per circa 20 milioni, o Roberto Gagliardini, sempre di proprietà del club di Percassi, che tra prestito, riscatto, e bonus vari finirà all’Inter per quasi 30 milioni di euro. Tanta roba. Probabilmente troppa. Cifre folli, numeri alla mano. Il primo (22 an
ni), ha messo insieme 11 presenze in Serie A. Stop. Il secondo (anche lui classe ‘94) dopo aver avuto difficoltà ad imporsi in Serie B, quest’anno ha collezionato 13 presenze, più una in Coppa Italia. Sia chiaro, hanno talento da vendere e sono tra i migliori giovani in circolazione, ma certe valutazioni appaiono fuori dal mondo. Eppure, oggi, funziona così. «È stato un mercato drogato», disse Pantaleo Corvino l’estate scorsa. Colpa anche, per non dire soprattutto, di Paul Pogba. Come dire: se si arriva a spendere più di 100 milioni per un singolo calciatore allora vale (più o meno) tutto. Il resto è venuto a cascata. I 94 milioni della Juve per Higuain, i 30 reinvestiti dal Napoli per Milik e via così. Da qualche mese insomma, i prezzi sono “impazziti”. Occhio, però, perché non è soltanto colpa dei “ricconi”. Certo, i cinesi e i club inglesi hanno portafogli gonfi fino all’inverosimile e “dopano” le trattative, ma anche noi (inteso come Italia) ci abbiamo messo del nostro. Pensiamo alla regola sugli italiani varata in gran fretta dopo il doppio disastro mondiale tra il 2010 e il 2014. Rose da 25 calciatori, di cui 4 cresciuti nel proprio vivaio e 4 cresciuti comunque in Italia. Un’imposizione “nobile”, come intento, ma che ha prodotto un’inevitabile impennata dei prezzi dei calciatori di casa nostra. È la legge del mercato: sale la richiesta, sale il costo. Niente di più logico. E così, i viola, già tra giugno e agosto hanno clamorosamente mancato l’obiettivo. Ci hanno provato per Zappacosta, salvo fermarsi davanti ai 10 milioni richiesti dal Torino. Hanno trattato Goldaniga, per poi scappare quando il Palermo ha sparato cifre di poco superiori ai 5 milioni. E poi ancora Verre, Caprari, Viviani, Zampano. Tutta gente seguita con attenzione da Corvino ma che, il dg stesso, ha ritenuto troppo cara. E qui sta il punto. Perché la sensazione è che d’ora in avanti funzionerà così. Per tutti. Fiorentina compresa. Un bel problema, quando si tratterà di comprare. Prendiamo Zaza. Uno che i viola prenderebbero più che volentieri in caso di cessione di Kalinic. Per portarlo via dalla Juve però (dove tornerà visto il fallimento al West Ham) servono circa 20 milioni. Senza contare l’ingaggio, anche questo elevatissimo. Oppure Barreca (Torino), Pellegrini (Sassuolo), Sensi (Sassuolo), Benassi (Toro) e via dicendo. Ragazzi bravi ma che, appunto, costano già tantissimo. Forse troppo per una società come quella dei Della Valle che, da tempo ormai ha limitato i propri investimenti. Il rischio, tanto per esser chiari, è che prendere calciatori “giovani e italiani” sia diventata una missione ai limiti dell’impossibile. Eppure, c’è anche l’altra faccia della medaglia. Quando si tratterà di vendere infatti, la Fiorentina potrà fare la voce grossa. Ovvio il riferimento a Federico Bernardeschi per il quale, con le cifre che girano oggi, Corvino potrà chiedere la “luna”. Non è follia, per parlare di soldi, pensare di incassare tra i 60 e i 70 milioni per il talento di Carrara. Forse anche di più. È una questione di “tempi”. Bisogna adattarsi, purtroppo, e agire di conseguenza. Con una soluzione che, a prescindere da qualsiasi cessione, taglierebbe la testa al toro: costruirsi i giocatori in casa. Come è successo con lo stesso Berna, e come sta accadendo con Federico Chiesa, evitando così di doverli cercare altrove. I viola, in questo senso, stanno muovendo passi importanti. E stanno raccogliendo i primi frutti. Altrimenti, si rischia di esser tagliati fuori da tutto. Perché i “top player” non sono raggiungibili e, ormai, anche quelli che (forse) lo saranno.”. Questo quanto si legge sull’edizione odierna de “La Repubblica”.