L’edizione online de “La Repubblica” si sofferma sul caso Enrico Varriale, riportando le conversazioni con le sue “vittime”.
Il dolore, fisico e morale. La paura, il terrore di subire nuove aggressioni. Non serve saper leggere tra le righe per captare i segnali nel racconto della donna che in aula ha dichiarato di essere una delle vittime di Enrico Varriale, il giornalista sportivo Rai a giudizio per stalking e lesioni. A descrivere quanto passato dalla donna ora sono le chat di Instagram, finite agli atti del processo, in cui la vittima si scambia messaggi di solidarietà con l’altra presunta preda dell’ex direttore di Rai Sport, quella che per prima ha trovato il coraggio di denunciare. Il botta e risposta tra Laura e Francesca, chiameremo così le due donne, inizia il 12 settembre del 2021 ed entra subito nel vivo.
Laura: “Ciao, sono al pronto soccorso. Varriale ha aggredito anche me come un pazzo”.
Francesca: “Oddio, dimmi che non è vero. Ti prego!!”.
Laura: “Ti giuro, sono in ospedale al Gemelli”
Francesca: “Ho paura per te. Che ti ha fatto? Sei al sicuro? Oddio sto male, sto tremando”.
Laura: “Domani devo andare al commissariato”.
Francesca: “Sto piangendo, Dio Santo”.
Laura: “Quello è pazzo Francesca, bisogna fermarlo prima che ammazzi qualcuna”
Francesca: “Chiama qualcuno che ti stia vicino adesso. Non stare sola”
Laura: “Ok, è venuto l’ispettore. Domani se mi fanno uscire devo andare da loro. Varriale mi ha detto che se lo denuncio mi ammazza”.
Francesca: “Chiama qualcuno della tua famiglia, dei tuoi amici. Non rimanere da sola”.
Laura: “Tu devi sapere che quello che ti è accaduto io l’ho saputo dai giornali. Lui non mi aveva mai detto nulla. Ha detto che eri tornata con tuo marito e voi avevate chiuso pacificamente. Scusami se ti ho disturbata”.
Francesca: “Io sono separata ormai. Figurati, non mi hai disturbato. Sono però scossa, preoccupata. Hai qualcuno che ti possa stare vicino adesso?”.
La risposta sta nel susseguirsi degli eventi. Nella denuncia e nell’inchiesta. Ora è il momento del processo. Laura è la donna che per settimane avrebbe ricevuto chiamate da Varriale, con la voce camuffata e dai telefoni Rai: “Morirai”. La stessa donna che a Repubblica aveva raccontato di essere stata aggredita nell’appartamento del giornalista, a Roma Nord. La situazione sarebbe esplosa quando Laura ha sorpreso il cronista con un’altra donna. Ne sarebbe nata una discussione, con piatti e bicchieri lanciati all’indirizzo della vittima. Poi l’aggressione, con Varriale che avrebbe afferrato la donna sbattendola contro la porta. Una piantana finita su un tavolino di vetro, andato in frantumi, avrebbe mandato il giornalista su tutte le furie. Avrebbe quindi sferrato un ceffone al volto della donna, che cadendo avrebbe sbattuto la testa, come conferma il trauma cranico refertato all’ospedale Gemelli.
In tribunale, adesso la vicenda ruota attorno a un occhio nero di Varriale. Il giornalista, intervistato da questa testata, ha raccontato che a procurargli il livido sarebbe stata la prima donna che lo ha accusato. Laura sostiene che non ci fosse alcun occhio nero. La palla ora passa ai giudici: la difesa del giornalista contesta la ricostruzione della testimone e ha depositato una perizia sui messaggi che Varriale e la donna si sono scambiati nel corso dei mesi della loro relazione. Laura ha negato di aver inviato alcuni degli sms agli atti del processo. Il giornalista è pronto anche a partire in contropiede. Per gli avvocati Ester Molinaro e Fabio Lattanzi, l’ultima udienza ha fatto emergere che Enrico Varriale è oggetto di false accuse. La testimone ha affermato che il Varriale non ha subito alcun trauma all’occhio. La circostanza è documentalmente smentita da una foto che Varriale ha inviato alla testimone. Stiamo valutando se presentare denuncia per false dichiarazioni”. Il processo al giornalista continua.