L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sulla lotta di Milano contro l’emergenza Coronavirus. «La città deve restare pulita »: è la frase che ripetono tutti, un mantra ma anche un diktat. Perché, per ora, la metropoli che corre ha un numero di contagi relativamente basso, 632 malati ieri sera, pochi in percentuale rispetto a 1,4 milioni di persone che la abitano. «Bisogna fare in modo che rimanga così — ragiona Andrea Gori, numero uno delle Malattie infettive del Policlinico — La guardia deve restare alta. Se la situazione in città dovesse cambiare il quadro sarebbe difficile. Bisogna fare in modo che il numero di persone contagiate da ogni paziente infetto, che oggi oscilla tra 2 e 3, si azzeri. E per farlo è indispensabile che la gente resti in casa». A Milano la situazione è difficile, gli ospedali — dal Niguarda al San Paolo al San Raffaele, che grazie al crowdfunding di Fedez e Chiara Ferragni sta costruendo una terapia intensiva da campo in una tensostruttura — sono allo stremo. Già oggi stracolmi di pazienti provenienti dal resto della regione. Anche per questo, sebbene i dati sul territorio milanese (in tutta l’area metropolitana a ieri sera i contagi erano 1.551, su oltre tre milioni di residenti), la domanda che tutti si fanno è: se la barriera di Milano dovesse crollare, il sistema potrebbe reggere? E se anche in città ci fosse un’escalation di contagi, i malati milanesi dove potrebbero essere ricoverati, se tutti gli ospedali sono già pieni? «L’invito pressante a stare a casa per i milanesi ha ancora più significato — aggiunge allora Gallera — Se i numeri dovessero aumentare, considerando la densità di popolazione della città, sarebbe complesso da gestire». L’obiettivo è realizzare a Milano un mega ospedale da campo, modello Wuhan, in 22 mila metri quadrati messi a disposizione dalla Fiera, in modo da avere 500 posti di intensiva pronti a ricoverare altrettanti pazienti: una riserva di letti fondamentale visto il trend dei contagi.