L’edizione odierna de “La Repubblica” analizza la posizione di Tony Di Piazza, l’altro proprietario del nuovo Palermo. L’italo-americano, spinto dall’amico Paparesta, aveva già provato a rilevare il Palermo a febbraio, mandando una mail con una proposta per trattare l’acquisto del club con Rino Foschi, senza una risposta. Classe 1952, originario di San Giuseppe Jato ed emigrato negli Stati Uniti nel 1966, Di Piazza è figlio di un muratore che scelse di tentare la fortuna abbandonando la Sicilia. Prima di arrivare a New York, i Di Piazza trascorsero sei anni in Svizzera. Successivamente, il padre fu assunto in una fabbrica tessile, mentre Antonino frequentava il college fino a prendere il diploma di ragioneria. Con il primo business, Tony fu fortunato, acquistando il primo immobile e dando vita alla società immobiliare che oggi costituisce la base della sua fortuna economica. Oggi, ha un fatturato da milioni di dollari e diverse proprietà fra New York e Florida: «Ma non tanto l’italianità – spiegò in una vecchia intervista – quanto soprattutto la lingua perché gli italiani tendono a dimenticarla e a non ritrasmetterla. Oggi per le seconde e terze generazioni mantenere viva le proprie origini è difficile e noi ci proviamo con la musica». E’ tifoso dell’Inter e la squadra rosanero era la sua seconda squadra, prima di diventarne proprietario. Nel 2004, anno della promozione in A del Palermo, Di Piazza ha organizzato una festa a New York alla quale parteciparono Gasbarroni e Pietro Accardi. Chi lo conosce lo descrive come un filantropo, le raccolte fondi sono quasi un impegno pari ai suoi affari. Si è mosso per i terremotati di Arquata del Tronto e per i figli dell’ispettore Raciti, ucciso nel 2007 durante gli scontri fuori dal “Massimino” in occasione del derby Catania- Palermo. La passione calcistica lo divide dalla moglie, originaria di Toritto, una cittadina del barese. Fu proprio per lei che provò ad acquistare il Bari senza poi riuscirci.