“Il tifo è una cosa seria, ma la voglia di vedere i sogni di un figlio realizzati lo è molto di più. Carmelo Di Mariano, padre di Francesco, l’attaccante del Novara che sabato affronterà al “Barbera” il Palermo tifa per i rosanero, ma sabato non avrà dubbi. «Avrò come sempre occhi solo per mio figlio – dice il papà – A Brescia sabato scorso quando ha segnato ho esultato e in tribuna i bresciani mi guardavano male, ma quando ho spiegato che il ragazzo che aveva fatto gol era mio figlio tutti hanno capito». Uno degli zii di Francesco Di Mariano, invece, preferisce proprio evitare di trovarsi in mezzo a questo tipo di situazioni e nonostante il nipote continui a chiedergli di andare allo stadio sabato, lui non ci sarà. «Il Palermo viene prima di tutto – spiega Giovanni Schillaci – simpatizzo pure per l’Inter, ma è normale che se tuo nipote gioca contro i rosanero per te non sarà mai un avversario. Mio cognato a Brescia ha spiegato la situazione, io invece non sopporterei sentire che un palermitano offende un suo concittadino solo perché indossa una maglia diversa da quella della squadra della sua città». Suo fratello Totò prima di andare alla Juventus si è affermato con la maglia del Messina, figurarsi se in famiglia potevano fargli il tifo contro. «Ho sentito tutto quello che hanno urlato a Calaiò e a Di Gaudio per Palermo- Parma – continua Giovanni – non riuscirei a fare finta di niente. La vedrò in televisione qui al campo». Del resto è dal “Ribolla” che tutto ha avuto inizio ed è proprio nel bar del centro sportivo che c’è una sorta di museo di Totò Schillaci accanto al quale sta sorgendo quello di Di Mariano. Ci sono le maglie delle squadre di club in cui hanno giocato zio e nipote, le maglie della nazionale, i ritagli di giornale e le fotografie. Nonno Mimmo Schillaci, il papà di mamma Rosalia, gli ha visto tirare i primi calci al pallone a tre anni. «Stava tutto il giorno qui al campo – racconta lo zio Giovanni – ha respirato sempre aria di calcio ed è cresciuto con il pallone fra i piedi. Una volta la Nike è venuta a fare uno stage con delle gare di abilità e lui ha vinto scarpe e pallone. Era talmente forte che ha sempre giocato con i ragazzi più grandi e riusciva a fare la differenza ». Il pallone fra i piedi per tutto il pomeriggio, ma anche a casa. «Ma non ha mai rotto nulla – dice il papà Carmelo – era bravo e palleggiava tutto il tempo. La palla non gli si allontanava mai dai piedi. E poi non è che abbia avuto chissà quanto tempo per rompere qualcosa a casa. A quattordici anni era già a Lecce. E a noi mancava tanto, infatti ogni due settimane andavamo a trovarlo». Oggi il Palermo sembra avere riaperto le porte ai giocatori palermitani. Ma fino a qualche tempo fa non era così. «A 13 anni – racconta il padre – era stato scelto per i giovanissimi nazionali rosanero, ma la squadra andava a giocare e lo lasciavano fuori. La società non si è più fatta sentire e nel frattempo si è fatto sotto il Lecce. Da lì poi è arrivato alla Roma, l’esperienza in Lega Pro e poi il Novara. I giallorossi lo hanno lasciato andare a titolo definitivo, però conoscono i suo valore. Tanto è vero che hanno tenuto un diritto di riacquisto e una percentuale sull’eventuale cessione». A Novara si trova bene, la serie B non è un passo indietro rispetto alla Roma, anzi per Di Mariano è la possibilità di giocare con continuità. «Ha un obiettivo chiaro in testa – dice lo zio Giovanni – vuole giocare in serie A. Gli erano arrivate anche offerte molto vantaggiose dal Giappone, ma lui ha preferito mettersi in gioco qui. Io sarei andato al volo, ma lui mi ha detto “non ho 30 anni, ho una carriera davanti e voglio giocare in serie A”. È molto ambizioso, ma chiede sempre consigli e ascolta molto»”. Questo quanto riportato dall’edizione odierna de “La Repubblica”.