“Il Palermo torna in trasferta dopo la sconfitta casalinga contro la Juventus e a Marassi affronta la Sampdoria reduce da tre ko di fila. De Zerbi deve rinunciare ancora a Rajkovic che ha provato a giocare con la mascherina che gli protegge il volto dopo la frattura al naso, ma è stato costretto ad alzare bandiera bianca. Probabile che il tecnico, oltre a Posavec tra i pali, riproponga la difesa a tre vista contro la Juve con Cionek, Goldaniga e Gonzalez. Sugli esterni conferma per Rispoli a destra e Aleesami a sinistra con Gazzi e Bruno Henrique in mezzo al campo. Tridente anomalo con Diamanti e Hiljemark che giocheranno qualche metro dietro a supporto di Nestorovski in vantaggio su Balogh. Dopo la gara di Marassi gran parte dei rosa torneranno al lavoro mercoledì mentre in molti risponderanno alla convocazione delle rispettive nazionali.
Alla vigilia della partita con la Juventus lei aveva detto di dimenticare il successo di Bergamo e giocare come sempre. Qual è il messaggio prima della sfida con la Sampdoria
«Questo momento è importante per cercare di migliorare ancora. Però dobbiamo prenderci anche il risultato. Il miglioramento passa attraverso l’allenamento e l’apprendimento, ma anche dalla maggior convinzione che arriva dai risultati. Quello che ci deve contraddistinguere deve essere la cattiveria».
Insomma, vorrebbe una squadra bella a vedersi ma anche pratica?
«Vorrei una squadra della quale alla fine gli avversari dicessero: non sai come prenderli. Una squadra che sappia giocare, ma che abbia fame, che sia rognosa. Una squadra che se la tocchi ti pungi».
Il fatto che lei stia frequentando il corso di Coverciano e che per alcuni giorni la tiene lontano da Palermo può inficiare il percorso di apprendimento della squadra?
«Affatto. Siamo riusciti a completare la seconda settimana piena senza nazionali o turni infrasettimanali e abbiamo fatto bene. Un po’ di tempo fa dissi che la crescita passa da momenti in cui fisiologicamente diminuisce la qualità di gioco. Momenti nei quali possono esserci alti e bassi. Spero di che non sia così e che si possa sopperire a questo aspetto».
Contro la Sampdoria giocherà Nestorovski o Balogh?
«Vedremo. Quella di Genova è una partita nella quale ci vuole profondità. Ma la profondità nel calcio ci vuole sempre soprattutto se dietro la punta hai giocatori che amano giocare tra le linee».
Cosa le piace della sua squadra e su cosa pensa ci sia ancora da lavorare?
«Bisogna lavorare su tutto. Però sono contento di come sono seguito. Questa è una cosa della quale l’allenatore si accorge subito. Questa è una squadra che sento mia a prescindere dal risultato. Se perdiamo, però, mi sento il primo responsabile pur essendo qui da poco. Il primo responsabile resto sempre io».
Pensa che Giampaolo si giochi la panchina contro il Palermo?
«Giampaolo un amico. Un allenatore che stimo molto. Come tecnico e come uomo. Detto questo non so parlare di cose interne a un’altra squadra».
Come immagina di trovare la Sampdoria reduce da quattro sconfitte di fila?
«Non so come la troveremo, ma so quello che voglio dalla mia squadra. Una squadra affamata che vuole fare risultato al di la del momento che sta attraversando l’avversario. Non possiamo preparare questa sfida in modo rilassato. Non siamo nessuno. Io sono partito ieri. Anche i giocatori devono affermarsi. Solo in pochi sono affermati e hanno fatto cose importanti».
Con lei hanno trovato spazio quasi tutti i giocatori a disposizione. Tra chi non ha ancora giocato c’è Bouy…
«Bouy è anche Vitiello che considero non importante ma importantissimo. Un capitano in campo e fuori. Le scelte le faccio io sempre in buona fede, ma avranno spazio tutti. Non solo con le parole, ma anche nei fatti. Abbiamo grandi potenzialità di giocatori, ma adesso non abbiamo uno o due che possono prendere in mano tutto. Una singola porzione di responsabilità dobbiamo prendercela tutti».
Lei ha dimostrato nei fatti di puntare molto sul coinvolgimento di tutti. La cena per sessanta persone di giovedì sera rientra in questa strategia?
«La cena non è una cosa anormale. Non si vince solo con i giocatori. Io ho sempre vinto con giocatori, magazzinieri, medici e gente che gravita intorno alla squadra. Non voglio un gruppo nel quale siamo tutti amici ma un gruppo nel quale condividano tutti la stessa linea di lavoro. Lavoro non è venire e timbrare il cartellino, ma lavoro nel calcio che è una cosa seria e bisogna farla al cento per cento e deve venire prima di tutto»”. Questo ciò che si legge sull’edizione odierna de “La Repubblica”.