Repubblica: “De Rossi sta tornando: «Io al fianco di Mancini la porta non è chiusa. Lite con Totti…»”
L’edizione odierna di “Repubblica” parla di De Rossi e del suo ritorno in Italia. Il passato è una ferita che ancora sanguina, il futuro però potrebbe offrire la prospettiva di suturarla. O almeno l’illusione. Nella testa di Daniele De Rossi la Roma, la squadra cui ha dedicato 17 anni di carriera, è un pensiero presente e ingombrante. Ricorre frequentemente nell’intervista che ha concesso al mensile GQ , oggi in edicola con il numero di febbraio: le prime parole da ex calciatore, dopo l’addio al calcio giocato e al Boca Juniors, dove ha vissuto gli ultimi mesi da calciatore tra luglio e gennaio. «Non c’è stato un giorno in cui non mi sia sentito felice, al Boca», dice oggi a Paolo Condò. «Quelli dell’addio a Buenos Aires sono stati giorni tristi, ma la vera batosta è arrivata a Trigoria, uscendo dalla mia camera per andare al pullman, ho pensato “è l’ultima volta che chiudi questa porta”, e lì mi è parso di tremare. O forse ho tremato sul serio. Se devo dire qual è stato il vero momento del ritiro, dico quello. Devastante. Di offerte per continuare a giocare in Serie A ne avevo parecchie, ma non ho voluto aggiungere un’altra maglia italiana a quella della Roma, mi pareva di sprecare una storia bellissima. Quando sto bene sarei ancora in grado di giocare nella Roma, nel Boca, ma non succede quasi mai. Ho 36 anni, il fisico è logoro, di soldi ne ho abbastanza». Trigoria fa ovviamente rima con Totti, come un fratello maggiore. Accanto a lui De Rossi è cresciuto, ma tra loro (come Repubblica raccontò a maggio) non sono mancate incomprensioni profonde: «È capitato di non parlarci per un mese, pure l’anno scorso», ammette l’ex centrocampista. «Abbiamo giocato vent’anni assieme, ci siamo abbracciati dopo i gol, ci siamo frequentati fuori dal campo, abbiamo avuto anche delle sonore litigate, ma poi è sempre finita a risate. Vita vera, non recitata. Il suo addio? Un incubo. Non ho passato bene quel periodo, e ho preso nota per evitare che a me succedesse lo stesso». Ora davanti a sé ha un futuro diverso, dice apertamente De Rossi. Che dopo l’Europeo – prima dovrà seguire il corso da allenatore a Coverciano – potrà tingersi d’azzurro, con un ruolo nello staff di Mancini in Nazionale. La Federcalcio da mesi ha dimostrato una certa sensibilità in questo senso e Daniele stesso non esclude il ritorno. Anzi: «Oggi non posso saperlo, ma il rapporto con Mancini è eccellente. Fra i discorsi che abbiamo fatto tempo fa, non in gennaio intendo, una porta azzurra era socchiusa». Anche il presidente della Figc Gravina, che con lui aveva già parlato in autunno per programmare un suo ritorno in campo da calciatore con l’Italia, saltato per infortunio, potrebbe chiamarlo per proporgli presto un ruolo al fianco del ct. Poi c’è la Roma. Perché, annunciando un futuro da allenatore, De Rossi sembra quasi candidarsi per un ruolo nelle giovanili giallorosse: «Qui il discorso è diverso perché al settore giovanile c’è mio padre, perché i rapporti col club comunque non li ho persi, perché al termine del corso che intendo fare potrò allenare in terza serie oppure una Primavera, vediamo». C’è anche chi aveva immaginato che il ritorno fosse imminente: «La tempistica della mia uscita dal Boca, unita alla trattativa per la cessione della Roma, ha fatto pensare a molti che il gruppo Friedkin mi avesse contattato. Non è successo, non li ho mai sentiti; ma non è che io sia in attesa di un nuovo proprietario per tornare a Trigoria su un cavallo bianco». Né ha fretta di tornare alla prima squadra da allenatore: «Devi prima dimostrare di saperlo fare, se perdi tre partite di fila la gente si dimentica che eri il suo Capitan Futuro e pretende che tu ottenga risultati nel presente. E poi l’ultima cosa che voglio è creare problemi a Fonseca». I modelli però li ha già scelti: «Luis Enrique e Antonio Conte: all’Europeo mi ha letteralmente conquistato».