L’edizione odierna de “La Repubblica” riporta le dichiarazioni di Davide Enia, attore-scrittore palermitano che ha raccontato le gesta di Paolo Rossi nel suo “Italia-Brasile 3-“
«Lui apparteneva già all’epica e al mito. La sua morte lo colloca nella miseria del calendario dei giorni che scorrono. Ma lui degli eroi già nel 1982 aveva la caratteristica primaria: la giovinezza e la fisicità. Il fatto che sia morto sottolinea l’assenza di una presenza: la sua assenza conferma quanto la sua presenza ci abbia accompagnato. E rinforza il fatto che alla fine l’arte, la poesia, la vita è un dialogo fra vivi con i vivi e dei vivi con i morti. Voci che si rincorrono e si ascoltano. Quando riprenderò “Italia-Brasile 3-2” avrò il privilegio di ritrovare persone che non ci sono con la carne, ma sono presenti con lo spirito».
«È un anno che ci spinge a capire che abitiamo tutti lo stesso pianeta e che avrebbe bisogno di un altro tipo di visione. Una contro la voce della massa, contro lo stomaco della massa impaurita e arrabbiata. Come quando convochi Rossi ai Mondiali, ti prendi gli insulti, insisti e lui ti fa vincere. Questa è la visione di cui c’è bisogno. Bearzot era un visionario».