L’edizione odierna della “Repubblica” parla del profilo di Pasquale Marino, nuovo tecnico del Palermo. Nel 2001 il quotidiano l’Unità fece uno studio comparando una serie di dati per decretare quale squadra giocasse il miglior calcio d’Europa. Il risultato fu sorprendente, visto che i migliori 11 erano i ragazzi di Marino che allenava il Paternò, promosso con lui alla guida dalla serie D alla C1. In quegli anni, studenti dell’Isef si diplomavano con tesi sulla squadra di Marino e molto studiavano le metodologie del giovane tecnico di Marsala. Diociottanni dopo, Marino non ha ancora smesso di inseguire il risultato attraverso il bel gioco: «Se proprio devo pareggiare, preferisco pareggiare farlo per 4 a 4 piuttosto che per 0 a 0». Un allenatore, che ha fatto del 4-3-3 il suo metodo e che non è mai venuto meno a quella che era la sua impostazione. A Catania l’inizio non fu dei migliori, con la sconfitta subita per 3-0 contro il Mantova, così Marino decise di passare dal 3-4-3 al 4-3-3, fu la sua fortuna. Arrivò il cambio di ruolo per De Zerbi che si inventò esterno d’attacco in un tridente con Mascara e Spinesi. Gli etnei volano, salgono in serie A e l’anno successivo riescono anche a salvarsi nella massima serie. Poi l’esperienza a Udine, dove Marino compie un altro miracolo di risultati con il bel gioco. Settimo posto e ammissione in Europa League, con addirittura i quarti di finale della competizione europea centrati l’anno successivo. Tutti parlavano di lui, tanto che dopo sono arrivate le esperienza poco felici al Genoa e al Parma. Il bel gioco però, torna successivamente a Vicenza, Frosinone e per ultimo a La Spezia. Il tecnico non ha mai abbandonato la sua convinzione nelle sue idee di gioco e soprattutto l’amore per la Sicilia: «Ho sempre amato la Sicilia e non ne ho mai fatto mistero – dice Marino – Allenare nella mia terra è il massimo e allenare nel capoluogo lo è ancora di più. Come ho conquistato Lucchesi? Con un bel piatto di cous cous».