L’edizione odierna di “Repubblica” si è soffermata sulla ripartenza del calcio in Italia con la prima gara dopo lo stop, domani (venerdì 12 giugno) alle 21 Rai 1, valevole per la prima semifinale di ritorno di Coppa Italia, Juventus-Milan. Il giorno dopo toccherà a Napoli-Inter, in attesa della finale di mercoledì. Dopo l’emergenza Coronavirus, sarà di fondamentale importanza seguire alla perfezione il dettagliato protocollo sanitario, il quale ha prodotto anche una serie di paradossi, eccoli qui di seguito.
1 – Gli accessi separati
Le due squadre devono arrivare a orari diversi oltre a seguire strade differenti. Giocatori che in campo saranno a strettissimo contatto tra loro. Nonostante l’invito a un’ “aggressività meno marcata”, sarà inevitabile evitare scontri, contatti e respirare a distanza molto ravvicinata. Al fischio finale o all’intervallo, è prescritto di uscire con “tempistiche differenti per l’ingresso in campo e l’uscita dal campo delle squadre”.
2 – Il distanziamento in panchina
I giocatori della stessa squadra in panchina devono sedersi a distanza, magari anche utilizzando parti di tribuna. Si tratta degli stessi giocatori che si allenano insieme ogni giorno venendo anche a contatto, usando lo stesso spogliatoio e mangiando negli stessi spazi. In più, sono fianco a fianco in barriera, prima di un calcio di punizione.
3 – Le esultanze
Dopo un gol, niente abbracci, solo tocchi col gomito o piede contro piede, tra compagni di squadra. Poi però tra avversari nessuno può vietare l’abbraccio in area di rigore per una marcatura arcigna su calcio d’angolo non ha alcuna limitazione.
4 – Le porte chiuse
Teatri e cinema all’aperto potranno già dalle prossime ore ospitare fino a mille spettatori, invece, il calcio per il governo non è uno spettacolo, né lo sport in genere. Eppure, forse è meno rischioso sparpagliare mille persone a San Siro che tenerne duecento in un cinema d’essai.
5 – Il personale
Allo stadio sono previste al massimo 300 persone, non più di 100 per ogni zona (recinto di gioco, spalti, aree esterne). Tra le 31 categorie di lavoratori presenti (dai calciatori fino ai licenziatari dei diritti tv) non sono però riviste figure utili a predisporre cibo per i protagonisti in campo. E se le squadre si stanno attrezzando con personale interno per predisporre gli alimenti che i giocatori consumano tra un tempo e l’altro o a fine partita, sta diventando complicato allestire un tavolo di frutta anche per gli arbitri.