Repubblica: “«C’è l’Agenzia delle entrate sopra, ca**o!» Il mistero della talpa nei contatti di Giammarva”
Non si fermano le indagini sul Palermo, in particolare sul patron Zamparini. La procura di Caltanissetta cerca la talpa che avrebbe potuto dare le notizie utili proprio al patron rosanero che sembrava ben informato. Di seguito quanto scrive l’edizione odierna de la “Repubblica” proprio sulle indagini:
“Il 2 maggio il presidente va da Zamparini e gli comunica novità sull’inchiesta. Chi gli ha dato le notizie riservate? C’è una frase dell’ultimo comunicato stampa di Giovanni Giammarva, il neo presidente del Palermo, che racconta molto dell’ultimo mistero al palazzo di giustizia, quello della talpa istituzionale che avrebbe soffiato all’entourage di Zamparini la richiesta di arresto avanzata dalla procura. «Non nascondo il mio dolore ed imbarazzo – ha scritto il commercialista oggi al vertice della società sportiva, indagato pure lui – a trovarmi per la prima volta dall’altra parte di una barricata che ho tentato di difendere in trent’anni di professione, trovandomi di fronte agli stessi uffici con cui ho condiviso il mio percorso professionale» . Giammarva è da sempre il super consulente di tanti giudici del tribunale, oggi invece è sospettato di essere al centro della catena della talpe che hanno consentito a Zamparini di dimettersi al momento giusto, in modo da evitare l’arresto. Una posizione certo scomoda, perché il commercialista è persona stimata, un professionista di prim’ordine, un collaboratore da sempre al servizio dell’autorità giudiziaria per i casi più difficili. Ma a maggio cosa è accaduto per davvero? Perché il 2 maggio Giammarva telefona a Zamparini e gli preannuncia una sua visita lampo in Friuli? E perché il giorno dopo Zamparini, in fretta e furia, si dimette? Le intercettazioni del nucleo di polizia economico finanziaria pongono una lunga serie di interrogativi, a cui adesso proveranno a dare una risposta i magistrati della procura di Caltanissetta, a cui i colleghi di Palermo hanno girato il caso, come rivelato ieri da Repubblica. L’indagine a Caltanissetta vuol dire solo una cosa: si sospetta che la talpa eccellente possa essere un magistrato. Una talpa che ha fornito una notizia certa. Perché di sicuro, dopo la visita lampo di Giammarva, Zamparini sa che qualcosa di giudiziariamente grave pende sulla sua testa. E non sono le indagini di cui sa già da mesi. No, è dell’altro. E alle 20,33 del 3 maggio, Zamparini dice a una sua collaboratrice: «Non hanno ancora finito di perseguitarci». Parole che più chiare non potevano essere. Il patron sa con precisione cosa ha fatto la procura in gran segreto. La fonte è di primo livello, non ci sono dubbi. Se questo fosse un romanzo giallo, bisognerebbe cercare nella cerchia delle relazioni professionali dell’uomo che rappresenta probabilmente l’ultimo anello della catena delle soffiate. L’uomo che vive da trent’anni al palazzo di giustizia, ne conosce i meandri e i rivoli. Quell’uomo è Giammarva. Chi ha incontrato davvero prima di quella telefonata preoccupata a Zamparini? Il cuore delle indagini, a Caltanissetta come a Palermo, resta nelle intercettazioni. Che hanno svelato molto della gestione spregiudicata di Zamparini, ossessionato dall’idea di avere fondi aggredibili dal fisco: un’ossessione che assume contorni paradossali quando a marzo del 2017 deve incassare un milione e 360 mila euro da parte di una coppia di coniugi, per un contratto di finanziamento del 2015. Il giudice Anfuso scrive che dalle intercettazioni «emerge una netta ritrosia da parte dell’imprenditore nell’indicare sul territorio italiano un conto corrente sul quale far confluire somme di denaro» . Così quando arriva l’assegno, Zamparini e i suoi collaboratori meditano addirittura di rimandarlo indietro per poi chiedere un bonifico estero. A chi gli chiede il perché, il patron sbotta stizzito: «C’è l’Agenzia delle entrate sopra, cazzo»”.