L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sulla gara tra Palermo e Brescia in programma domani, un derby per Corini.
Con una vittoria puoi centrare il sogno play-off da allenatore di una squadra di una città che è una seconda casa e dove sei stato una bandiera. Ma se vinci, condanni alla retrocessione un pezzo del tuo cuore. E spedisci nell’inferno della C i colori del posto dove sei nato, dove sei diventato calciatore e uomo e dove, solo a maggio di 4 anni fa, centravi come tecnico la serie A. Chissà come dorme da una settimana Eugenio Corini, mentre pensa a Palermo-Brescia di domani sera, un derby del cuore, quasi una croce. Chissà se rivede quel ragazzino di provincia di 17 anni che raggiungeva la città in pullman ed esordiva in serie B ancora minorenne.
Ha staccato il telefono per non sentire le chiamate di amici e parenti il “Genio”, che qualche giorno fa ha candidamente ammesso: «Avrei preferito giocare questa partita contro una squadra diversa, ma sono un professionista e dobbiamo vincere anche contro una formazione a cui sono legato, perché per me prima viene il Palermo». Ma non può essere una partita come le altre per Eugenio Corini, nato a Bagnolo Mella, 16 chilometri e 20 minuti di macchina da Brescia.
Perché in 90 minuti contro le “Rondinelle”, a cui serve un punto per salvarsi e andare ai playout, ci sono i ricordi di un ragazzo che nel 1987 esordiva tra i professionisti con la V bianca sul petto. Tre stagioni in serie B, come quella della consacrazione dell’89-90, con 9 gol che sarebbero valsi un pass per la Juventus in serie A. Tre anni in cui Corini esordisce tra i professionisti nel derby contro l’Atalanta e fa in tempo a tirare, a 18 anni, un rigore nello spareggio salvezza contro l’Empoli per non retrocedere in C. Poi ci sarà il primo ritorno a casa, questa volta in A, nel 1994, con 25 presenze e 2 gol, dopo la complicata esperienza di Napoli.