L’edizione odierna di “Repubblica” riporta le parole di Serse Cosmi. Serse, non Fausto.«Mio padre era chiamato così non solo per la passione politica, ma perché con la sua forza caratteriale ricordava quel leader del Pci. In quel periodo la politica era rappresentata degnamente ». Serse Cosmi è tornato, e al centro di allenamento del Perugia, attaccato allo stadio Curi, il suo vocione riecheggia dopo 16 anni. Una volta se la prendeva con Obodo, nigeriano di talento ma svagato. Ora nella ricerca di nuove “vittime”, in un tocco di antica modernità, lo aiuta Renzo Luchini, storico massaggiatore dal ’66, che riprende gli allenamenti con un drone. «Ma auguro a tutti di essere perseguitati da me. Quelli con cui l’ho fatto sono diventati ottimi giocatori». Chi sa solo di calcio non sa nulla di calcio, ama dire José Mourinho. A Cosmi piace: «Il calcio non è mai stato tutto per me. Da ragazzo vivevo di passioni. Ideali, manifestazioni, battaglie sindacali. Ho aperto una palestra, organizzavo soggiorni estivi per i bambini, insegnavo attività motoria ». E giocava nei dilettanti: «Ma chi mi immagina ruvido sbaglia. Tecnico, un po’ frivolo. Io uno come me non lo farei giocare…». Senza tabù. Più svedese di Liedholm, che diffidava dei giocatori innamorati. Meno sergente di Conte che consiglia le posizioni erotiche meno dispendiose. «Io sinceramente mi preoccupo di chi l’amore non lo fa». Al Pontevecchio, con la squadra guardava i porno: «Si trattava di complicità. Fare qualcosa di impensabile. Un filo sottile perché non bisogna esagerare nel diventare amico dei giocatori». Ancora prima, trionfava nel torneo dei bar del paese: «Il mio Bar Bruna spodestò una squadra che vinceva sempre. Quando con l’Udinese andai al Camp Nou scattai una foto con dedica: Dal Bar Bruna al Barcellona». Cosmi ha due punti di riferimento. «Attualmente Ancelotti. Un uomo completo. Del passato mi piace ricordare Scopigno, una grande filosofia di vita e di calcio». Una vita che è una continua sliding doors. «Parto dalle negative. Quell’anno che al Genoa ottenemmo la promozione in A. Poteva essere una nuova svolta della carriera… (il Genoa invece fu retrocesso in C per illecito sportivo, ndr ). E probabilmente quelle comparsate a Mai dire gol . Facevo cose pensando di essere in un contesto diverso. Sono diventato ostaggio del personaggio, non sono riuscito a liberarmene. Sono stato una vita a sentirmi definire emergente. Adesso mi chiamano maturo». Urlò “forza Roma!” in un Lazio-Perugia: «Altra cosa che non rifarei, infantile. Anche perché i tifosi della curva laziale, gli Irriducibili, mi hanno sempre rispettato e incoraggiato». La sliding door positiva si chiama Luciano Gaucci: «Oggi se uno vince 5 partite in C è un fenomeno. Ma venti anni fa lui ebbe coraggio a scegliermi». Un manipolo di sconosciuti diventati pezzi pregiati: «Quello più forte che ho allenato è Fabrizio Miccoli. Un prodigio di balistica. Quello la cui gestione è stata più difficile per poi diventare facilissima, Marco Materazzi. Lui scalpitava per andare in un grande club, ma poi il feeling è diventato eccezionale». Il folklore lo offrì Gheddafi jr, due stagioni a Perugia, una presenza: «Ragazzo di incredibile umiltà. Ricordo quei 20 minuti che giocò contro la Juve. Ne aveva chiesti 10. Era stravolto di felicità e di stanchezza. Lì ho capito come il calcio azzeri qualsiasi differenza sociale». Personaggio a tutto tondo, Cosmi. Dj in un video del duo comico perugino 7Cervelli («A casa ho una consolle, mi diverto con gli amici»). Doppiatore nel cartone Disney Robinson («Ho capito come la fortuna dei film possa dipendere dai doppiatori»). Attore nel film Il maestro di lingue : «Lo girò il figlio di Castagner. Facevo la parte di un detenuto che ordinava una esecuzione. Solo che il pubblico quando mi vide scoppiò a ridere». Squilla il cellulare, a ripetizione: «Sono finito in un frullatore, mia moglie pensava che allenando a Perugia avrei avuto più tempo per la famiglia. La vedo solo quando andiamo a dormire…».