“In fuga verso il Verona. È finita male l’avventura di Fabio Grosso sulla panchina del Bari. E non è soltanto questione di punti in classifica e di obiettivi non raggiunti, visto che tutto sommato l’eroe del Mondiale 2006 ha chiuso il campionato a quota 65 (solo Conte e Alberti con Zavettieri hanno fatto meglio di lui) e almeno i playoff li ha centrati. C’è un senso di dispiacere, per quello che è accaduto, che va ben oltre l’arido significato dei numeri, perché Grosso ha vissuto sempre ai margini di una città che era pronta a travolgerlo di affetto.
Come se non bastasse, ha anche rotto per futili motivi il rapporto con la stampa negandosi, Sky a parte, a chiunque altro. Ma dietro l’addio di Grosso c’è anche l’incapacità nell’accettare i limiti strutturali di una società troppo diversa da quella Juventus dove aveva mosso i suoi primi passi come tecnico della Primavera.
Emblematica la sua richiesta di un pullmino, prima concessogli e poi sparito, che evitasse ai suoi giocatori di attraversare a piedi la strada dall’antistadio al San Nicola al termine degli allenamenti. Problemi organizzativi che lo hanno messo di cattivo umore, fino a renderlo più chiuso e ombroso di quello che è. Altre volte si sarebbe lamentato delle condizioni del campo di allenamento, altre ancora della mancanza di attrezzi in palestra che riteneva fondamentali per effettuare un buon lavoro. Un’altra volta sarebbe caduto dalla nuvole nel vedere uno spogliatoio di un campo dove il Bari era andato ad allenarsi in emergenza. Aspetti che gli hanno tolto il sorriso, anche al cospetto di una piazza che pure lo aveva accolto con simpatia e rispetto: un po’ per la giovane età e in gran parte per averci regalato un sogno azzurro. Grosso aveva cominciato la sua esperienza barese con un tappeto rosso sotto i piedi. Gli erano bastate due vittorie in rimonta in Coppa Italia, contro Parma e Cremonese, per entrare nel cuore di chi ama il Bari. Qualcuno lo aveva subito accostato a Conte, altri perfino all’indimenticabile Catuzzi. I tifosi gli hanno perdonato le prime sconfitte in campionato, perché faceva giocare la squadra in modo sbarazzino e spettacolare. Lui però ha mostrato i limiti di un allenatore alla prime armi nel calcio professionistico, cambiando in continuazione pur di trovare la quadratura del cerchio. Ha utilizzato una trentina di giocatori esperimentato tanti moduli, con la conseguenza evidente che il Bari di fine stagione era peggiorato rispetto a quello che aveva mosso bene i suoi primi passi. Lo specchio del campionato è stata proprio la gara dei playoff contro il Cittadella, dove il suo Bari aveva tanti bei nomi ma non un’identità, al contrario dei veneti che giocavano a memoria pur non avendo interpreti degni di nota. La lezione subita da Venturato, tecnico del Cittadella, ha fatto pensare come il Bari non avesse il condottiero giusto per arrivare il più in alto possibile. Dopo quella partita, ma forse anche senza quella delusione, si era capita come il destino di Grosso fosse lontano da Bari. Si sussurra di qualche contatto con il Verona, anche prima che la stagione finisse. Da giorni ha liberato la casa a Poggiofranco in cui alloggiava. Non ha salutato in nessun modo la tifoseria, ma questo probabilmente dipende dal vincolo contrattuale con il Bari fino al 2019: è facile pensare che lo farà quando l’addio sarà ufficiale. Andrà al Verona, anche a dispetto di una clausola rescissoria piuttosto onerosa che il Bari proverà a monetizzare cedendo a buon prezzo uno dei suoi gioielli (Sabelli ?) alla società scaligera. Lui, come tutto il pianeta biancorosso, dovrà però attendere gli sviluppi della delicata assemblea dei soci in programma nel fine settimana. Il direttore sportivo Sogliano, che al contrario di Grosso avrebbe deciso di restare sulla barca del Bari, avrebbe individuato in Marco Baroni il suo sostituto. Un tipico allenatore di serie B, con il fiore all’occhiello della storica promozione con il Benevento, ma con esperienza significative anche sulle panchine di Lanciano, Pescara e Novara. In alternativa ci sarebbe l’opzione Oddo, reduce da un spicchio di stagione sulla panchina dell’Udinese. Grosso va via senza suscitare grandi rimpianti. Come spesso accade, i miti, visti da vicino, rischiano di perdere un po’ del loro fascino”. Questo quanto riportato dall’edizione odierna de “La Repubblica”.