Repubblica: “Cannavaro «In Cina stare a casa funziona. Così l’Italia ripartirà». Il tecnico in quarantena a Guangzhou: «Dopo i sacrifici, pian piano si torna alla normalità»”
L’edizione odierna de “La Repubblica” riporta le dichiarazioni di Fabio Cannavaro, allenatore del Guangzhou. Fabio Cannavaro, allenatore del Guangzhou, è in Cina in quarantena? «È una misura delle autorità.
Indispensabile. Dopo il rinvio del campionato ero tornato in Italia. Poi il ritiro a Dubai con la squadra. Ora, da tre giorni, di nuovo a Guangzhou. All’inizio la quarantena era per chi arrivava da Corea del Sud, Giappone e Iran. Ma si è constatato che invece il contagio può essere trasmesso anche da chi arrivava da altri Paesi». In Cina il virus è stato bloccato?
«Lo stanno gestendo da qualche settimana. I nuovi casi arrivano da fuori. Perciò noi a Dubai avevamo fatto anche l’esame del sangue. Dopo il transito da Hong Kong, una volta atterrati a Guangzhou ci hanno fatto il tampone e messo in quarantena per due settimane. Agli italiani dico: state in casa, c’è poco da scherzare». Di solito lei sdrammatizza.
«Dalla mia finestra vedo gente che passeggia, ci sono ristoranti e negozi. La vita riprende. Io sto a casa e faccio tutto da solo, lavo i panni e i piatti e faccio da mangiare. Mia mamma mi ha insegnato a sbrigarmela, non sono uno che si avvilisce. Mi hanno portato la spesa, mi farò gli spaghetti al pomodoro. Mio fratello Paolo, che lavora con me, abita al piano di sotto. L’essenziale è non uscire». Come hanno fatto i cinesi. «Appunto. Ricordo la seconda ondata del virus. Ci misuravano sempre la febbre. C’erano i posti di blocco, i militari, le ambulanze. Guai a sottovalutare il problema. I cinesi un ospedale lo mettono su in dieci giorni. Noi, in Italia, abbiamo poco più di 5 mila posti in rianimazione. Non possiamo permetterci tanti contagi, altrimenti i medici sono costretti a scegliere i pazienti da salvare. La strada è una sola». Non uscire. «Non mi stanco di ripeterlo. L’Italia sta facendo un grandissimo sforzo e le cose giuste, prima di altri Paesi europei. Forse il caldo aiuterà, ma è molto più importante stare in casa adesso. Non c’è business che tenga». Ha visto scene drammatiche? «Non ho mai provato la sensazione della paura, anche se il coronavirus mi ha rincorso dalla Cina all’Italia. A Wuhan l’errore pagato caro è stato permettere l’uscita dalla zona rossa di 5 mila persone: non si conosceva ancora la portata dell’epidemia. Bisogna evitare assembramenti e luoghi affollati». L’esodo dal Nord Italia al Sud? «Lo capisco, umanamente, ma è stato sbagliato. Come il ritardo nel blocco della Serie A. Così ora ci sono giocatori contagiati. Il calciatore, per quanto famoso, è una persona come le altre. Tommasi l’aveva detto, c’era una sola cosa da fare: stop, fine». In Cina il campionato partirà. «A maggio. Certo, gli interessi, rispetto a Italia ed Europa, sono diversi. Fino a poche settimane fa sembrava impensabile l’apertura della grande Fiera di Guangzhou ad aprile. Invece la situazione è tornata sotto controllo. A Wuhan, la prossima settimana, riapriranno le aziende automobilistiche».
Nella Lega Serie A ci si azzuffa sui diritti televisivi. «Gli interessi singoli, in questa fase, contano poco. In tv possono mandare le repliche delle nostre partite del Mondiale 2006. Il calcio è secondario. E #stateacasa non è uno slogan vuoto: più gente va all’ospedale per il coronavirus più rischia di morire. Riassumo?». Prego. «Controllarsi la febbre. Isolarsi il più possibile dagli altri anche in casa, se si ha l’influenza. Le mascherine per gli ospedali sono una priorità, ne servono tante. Si raggiungerà il picco massimo di contagi, poi decresceranno. La parola d’ordine è aspettare. L’ho detto anche ai miei figli, che sono a Napoli. E a mio padre, che è della generazione abituata alla sosta dal tabaccaio: “Papà, per un po’ non puoi scendere a prendere le sigarette”».