L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul covid che sta mettendo in ginocchio l’intera Gran Bretagna e di conseguenza anche il calcio con la Premier League verso lo stop.
The show must go on. Ma fino a quando? Giocare o non giocare? Questo è il problema della Premier League, stretta in un labirinto di timori, dilemmi e incertezze, visto che il Covid e la variante Omicron stanno dilagando non solo nel Regno Unito (ieri altri 93.045 nuovi casi di Coronavirus, record di sempre), ma anche nel campionato più bello e ricco del mondo.
Oramai le infezioni nelle squadre — calciatori e staff — si moltiplicano. Il numero esatto è ignoto, ma in questi giorni si è scavallato di certo il centinaio, con club come Manchester United, Chelsea (Lukaku incluso) Aston Villa e il Tottenham di Antonio Conte (già tre partite in meno giocate) “appestati” dal virus. Anche l’allenatore del Manchester City, Pep Guardiola, è forse positivo. Mentre le partite cadono come birilli: anche questo weekend, cancellate cinque su dieci. Che senso ha continuare?
Di qui la tentazione “circuit breaker”. Ossia, “rompere la catena” dei contagi, con uno stop di qualche settimana alla Premier League. Perché Omicron è troppo contagiosa e il regime di isolamento cui sono sottoposti giocatori e staff non basta più. Pareri? Jürgen Klopp, l’allenatore del Liverpool, non ci sta: «Che senso avrebbe?». Di visione opposta il tecnico della neopromossa Brentford, Thomas Frank: «È l’unica soluzione». Lunedì allenatori e venti società si parleranno in videocall per trovare la quadra. L’idea che si fa strada è quella di interrompere campionato e coppa d’Inghilterra le prime due settimane dell’anno nuovo. Ma ha senso aspettare altri 15 giorni? Perciò a rischio potrebbe esserci anche il Boxing Day , ossia il tradizionale turno del 26 dicembre. Ma il calendario è fittissimo: di qui a maggio, tra club e nazionali, la Premier League ha solo due turni infrasettimanali liberi. Ripianificare il campionato è un rompicapo impossibile.
In ogni caso, che senso ha aspettare se molti giocatori si ostinano a non vaccinarsi contro il Covid? I numeri in Premier League sono sconfortanti. Se il Paese si è riversato in massa a ricevere la terza dose, in Premier League solo il 68% dei calciatori a fine ottobre aveva ricevuto due dosi di vaccino. Cifre desolanti rispetto all’Italia (98%) Germania (94%), Francia (95%) e Spagna (90%). Quanti cambieranno idea nel frattempo? E anche se lo facessero, l’immunità ha bisogno di settimane per costituirsi.