L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma su Delfio Calabrese, alla sua 25a stagione in carriera, è primo in classifica nel girone C del campionato di Prima Categoria con il San Fratello. E ha già bucato le porte avversarie ben 26 volte: «A 14 anni l’Atletico Catania mi voleva a tutti i costi. Ho avuto la possibilità di andare in serie C, ma gravi problemi familiari mi hanno costretto a rientrare a casa. Non ho bei ricordi della mia infanzia, ne ho passate tante, mio papà non mi è mai stato vicino, mi è mancata la sua figura e ho sofferto parecchio. A 12 anni ho dovuto iniziare a lavorare come muratore, nel frattempo giocavo a calcio, ma le problematiche della mia famiglia mi hanno letteralmente travolto. E ho deciso di mollare. Ho fatto il muratore fino all’età di 18 anni, e dopo aver preso la patente ho iniziato a fare il camionista, lavoro che faccio ancora oggi con grande orgoglio, onestà e dignità. Gli stessi valori che insegno ai miei figli».
Ma il richiamo del pallone fu talmente forte che Delfio non ha saputo resistere. Così ha ripreso quegli scarpini che aveva appeso al chiodo troppo prematuramente: «Avevo bisogno del calcio – racconta – e di una valvola di sfogo che non mi facesse pensare ai problemi della mia famiglia. Essendo anche il più grande di tre fratelli sono stato costretto a crescere troppo in fretta. Così sono ripartito dal San Fratello e dalla Prima Categoria, proprio dove sono oggi». Tante le maglie che Calabrese ha vestito in carriera: Sant’Agata, Tiger Brolo, Torrenovese, Castelbuono, Cefalù e San Fratello, tra Eccellenza, Promozione e Prima Categoria. Oltre 900 partite, 700 gol, numeri da record e qualche rimpianto: «Forse se da bambino avessi avuto meno problemi e un’altra situazione familiare avrei potuto fare un’altra carriera, ma sono contento così. Mi diverto ancora oggi come un ragazzino e cerco di essere un esempio per i miei compagni più giovani dentro e fuori dal campo» .