Repubblica: “Bortolo Mutti: «Bari meglio attrezzato ma tifo per il Palermo»”
L’edizione odierna de “La Repubblica” ha intervistato il doppio ex di Palermo e Bari, Bortolo Mutti.
Sindaco per un giorno su iniziativa di “Repubblica”. Bortolo Mutti, per tutti Lino, entrò il 2 Marzo del 2002 a Villa Niscemi, “esonerando” per qualche ora Diego Cammarata. Il Palermo di Sensi stentava mentre Zamparini lavorava dietro le quinte per acquistare il club.
Un periodo di incertezza che necessitava di un personaggio garbato, professionale e dai toni eleganti. «Un’esperienza singolare che mi è rimasta impressa. Mi fecero vestire la fascia tricolore, sedere sulla poltrona del primo cittadino, chiedendomi di affrontare diverse problematiche e mi diedero le chiavi della città. Parlai anche della cancellata di Mondello che copriva il mare e che, per fortuna, poi sarebbe stata tolta».
Da quattro anni e mezzo è fuori dal giro.
«Sono diventato uno scansafatiche (ride, ndr). Vado in Rai, il sabato, per “90° Minuto”, gioco a tennis e curo la campagna: olio e vino, giusto per stare in forma».
E il calcio? «Si è dimenticato di me. Per gli over 60, c’è meno spazio, prevale la voglia di gioventù e di novità. Mi dispiace perché l’entusiasmo non è finito. Se mi chiamano, sono pronto».
Zeman ha 74 anni, Ranieri 70, Mutti solo 67. «Mosche bianche. I tempi cambiano, si arriva senza gavetta. Anche chi non si è mai seduto in panchina trova squadre famose, vedi Pirlo. Prima c’era da mettersi in discussione e sudare. Lo stesso Pippo Inzaghi, che da attaccante è cresciuto con me, era partito in quarta dal Milan, poi ha dovuto ricominciare».
In Sicilia ha vissuto esperienze di tutti i tipi: Messina l’apice della carriera; due storie tormentate a Palermo; a Catania, da calciatore. «Sei anni bellissimi, sono stato bene, ho trovato da voi la mia seconda casa e ci torno sempre in vacanza».
Partiamo dal Messina: promozione e l’anno dopo settimi in A. «La favola di una squadra che, da ultima, recupera e finisce per scrivere una pagina di storia indelebile che ancora mi emoziona».
In rosanero, l’esordio nel 2001. «Arrivammo decimi. Si poteva fare di più ma negli gli ultimi sei mesi ci siamo praticamente autogestiti. Sensi non si vedeva, capivamo che era in atto un passaggio di mano. Di stipendi neppure l’ombra, poi Zamparini sistemò tutto».
È tornato alla fine del 2011 per sostituire Devis Mangia, subentrato a Pioli. «Oggi viene da sorridere. Anch’io mi trovai a rimpiazzare Conte nell’Atalanta. Non sei un buon tecnico se non prendi qualche esonero. Mangia era esordiente, forse un po’ inesperto. E poi con Zamparini… Inoltre, aveva perso il derby col Catania e Zamparini, quando non arrivavano i risultati, entrava in guerra con tutti. Noi avevamo le spalle abbastanza forti per resistere fino al termine. E ci salvammo».
Un Palermo in fase calante. «Trovai una situazione spinosa nello spogliatoio e confusa a livello dirigenziale. Reduce dalla finale di Coppa Italia con l’Inter, la società era in pieno rinnovamento dopo avere ceduto alcuni suoi campioni fra cui Pastore».
Quanti ricordi… «I gol di Miccoli, un giovanissimo Vazquez, Ilicic alle prime armi e un Hernandez in grande crescita, la tecnica di Zahavi: sembrava la fabbrica delle meraviglie, ma Vazquez aveva qualcosa in più».
Prima, una stagione al Bari. «Per prendere il posto di Ventura che mi aveva sostituito a Messina. Mi chiamò Vincenzo Matarrese sapendo che la stagione era compromessa. Gli serviva un supporto anche morale, una persona equilibrata per chiudere il campionato senza andare allo sbando. Salvarsi era impossibile ma riuscimmo a pareggiare in trasferta contro il Milan e a vincere a Parma».
I rosa, sconfitti al Massimino, preparano la rivincita e vogliono avvicinarsi ai campioni d’inverno. «Il derby, se perdi, lascia strascichi psicologici. Fa male ai tifosi, alla classifica e alla storia. E allora meglio andare avanti, pensare subito alla partita successiva e archiviare le delusioni. Col Bari è scontro diretto e in casa i rosa hanno una bella media».
La A si ferma a Salerno. «Al Sud manca la cultura del lavoro che per esempio trovi a Empoli. Non si può perdere un patrimonio sportivo come quello di Palermo e Bari. Non esiste solo un calcio di cinesi e americani. Speriamo in una inversione di rotta».
Otto punti sono troppi da recuperare?
«Il Bari è attrezzato a livello tecnico più del Palermo che, comunque, merita considerazione. Solo che deve sfruttare il minimo errore degli avversari. Quando insegui non puoi sbagliare».
Sentimentalmente da che parte sta?
«Tiferò sicuramente Palermo, non c’è paragone tra i rapporti che ho avuto con la vostra città e Bari dove sono stato solo di passaggio».