L’edizione odierna de “La Repubblica” riporta le dichiarazioni di Attilio Lombardo, assistente di Roberto Mancini in Nazionale:
«Prima di entrare in campo, nel riscaldamento, sono andato da Mancini e gli ho detto: “Questo stadio ci ha portato via qualcosa di enorme. Ma lo sai che qui non c’è stato solo quel giorno? Qui abbiamo vinto la Fa Cup e il Community Shield col City”. Solo che quella volta avevamo metà stadio per noi e metà dei nostri avversari, stavolta c’erano 60 mila inglesi e sei o settemila italiani. Prima della partita erano rumorosissimi, è vero che qualcuno ha fischiato l’inno, ma non erano in tanti, molti altri applaudivano. Ma non so se applaudivano noi o chi ci fischiava (ride»)».
«La verità? Qualche istante prima della parata di Donnarumma. Tutti eravamo convinti che Jorginho avrebbe segnato. Quando Pickford ha parato il rigore ho guardato il tabellone ho detto: “Se segnano andiamo a oltranza. Ma se Gigio parasse… Vai, che glielo para”. E così è stato, anche se lui non se ne era nemmeno accorto».
«Il segreto? Facile: Mancini. La squadra ha un’identità pazzesca e gliel’ha data lui. È stato bravissimo perché ha ricostruito un entusiasmo dopo la mancata qualificazione ai Mondiali: in quel momento ha capito che doveva esserci un cambio totale, gente che non avesse vissuto quel lutto. Ha puntato sui giovani, alcuni all’inizio del ciclo non avevano mai fatto una partita in Europa. E nei momenti chiave ha saputo allentare la tensione: prima della finale, quando nella riunione tecnica ha inserito Spinazzola tra i titolari, si è sciolto il clima teso che si respirava».