Repubblica: “Andriy Shevchenko: «Angosciato per mia madre ora aiutate il nostro popolo»”
L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sulla Guerra in Ucraina attraverso le parole si Shevchenko.
Andriy Shevchenko, è passata la prima settimana di guerra. «Dal 24 febbraio scorso sono concentrato solo su questo, giorno e notte: come aiutare il mio Paese e la mia gente, come fermare al più presto questa guerra, come raccogliere fondi, come fare in modo che il resto del mondo sia informato costantemente sulla tragedia dell’Ucraina».
Aveva mai pensato all’invasione russa? «Fino a otto giorni fa speravo di no. Invece le città sono sotto assedio, la gente vive sottoterra nei rifugi, anche i bambini. C’è il terrore costante degli attacchi dei missili, è una vita sospesa. Le parole non bastano a descriverla».
Nel suo videomessaggio prima del derby di San Siro la parola pace è risuonata tre volte. «Ringrazio l’Italia, che ci sta molto vicina. L’Ucraina sta cercando solo la pace, sta difendendo la sua libertà. C’è bisogno di donazioni, abbiamo attivato un conto corrente presso la nostra ambasciata».
La frase introduttiva era “cari amici italiani”. «Ho detto grazie a Johnson, il premier inglese, e lo ripeto a Draghi: grazie, ci state supportando. Abbiamo bisogno di aiuti, di medicine. È uno dei più difficili momenti della storia ucraina, anche se il popolo è unito. Ogni minuto di ritardo può essere fatale, il tempo corre veloce».
Ci sono civili morti, anche bambini: sarà possibile tornare indietro? «Quello che accade è inumano, non bisogna smettere di parlarne. Abbiamo bisogno di sentire il
sostegno della comunità internazionale in ogni momento».
Uno dei primi quartieri bombardati è stato il suo, Obolon. «I primi sono stati gli aeroporti, per i segnali militari. Mia mamma abita molto vicino a un aeroporto, mi ha chiamato alle 4 di mattina, ha sentito la prima esplosione, la casa tremava».
Che notizie ha da sua madre e sua sorella? «Le sento ogni venti minuti. Stavo andando da loro, lo spazio aereo è stato chiuso. Mia zia è rimasta 4 giorni sottoterra, senza uscire. L’ha liberata mio cugino, l’ha portata da mia mamma. Che mi dice: “Andriy, il tuo compito è raccontare quello che succede, aiutare”. Ho provato a farli venire qui, ma non vogliono abbandonare Kiev, è lo spirito ucraino. Le persone si aiutano, c’è grande unione, abbiamo un presidente forte».
Quale ruolo potete giocare voi simboli ucraini? «Farò tutto il necessario per il Paese. Capire la situazione, cercare di parlare con la diplomazia anche sportiva, raccogliere denaro per i rifugiati, cibo, medicine, organizzare con la Croce Rossa».
Quale ruolo può avere lo sport? «Ha un potere incredibile. Può cambiare il mondo».
All’Europeo ci fu con la Russia lo scontro sulla maglia dell’Ucraina con la Crimea nella mappa e le scritte sul colletto. «Ma questa invasione assurda non si poteva immaginare, fino alla fine io stesso non ci credevo».
È stato giusto cancellare la Russia dalle competizioni sportive? «Decisione condivisibile, c’è stata un’aggressione. Finché non si ferma la guerra, gli atleti russi devono stare fuori».
Che cosa direbbe a un atleta russo? «Non a un atleta, al popolo russo. Come potete assistere a tutto questo? Reagite, scendete nelle strade, andate in piazza e fermate la guerra».
Ha notizie sui calciatori ucraini che hanno raggiunto il fronte? «Non è facile sapere, siamo tutti concentrati nel divulgare le notizie sulla situazione nel Paese».
Lei è sceso in piazza a Trafalgar Square, avvolto nella bandiera, con sua nipote Anastasia: come spiega la guerra ai suoi 4 figli? «Dico lo stretto necessario».
Che cosa pensa di Putin? «Che è un assassino. Ora il bersaglio siamo noi, che confiniamo con la Russia. Ma poi a chi toccherà?».
L’Ucraina il 24 marzo deve giocare i play-off per il Mondiale in Scozia. «Il calcio non esiste per me, ora. Ogni mattina penso solo a cosa fare per il mio Paese. Sono orgoglioso del mio popolo: combatte per la libertà, per il nostro suolo, per i diritti».
Esiste un’organizzazione tra gli sportivi ucraini, lei, Bubka, i due fratelli Klitschko ex pugili campioni del mondo, uno dei quali, Vitaliy, è sindaco di Kiev? «Siamo unitissimi, organizziamo la raccolta dei fondi, gli aiuti umanitari. Difendiamo la nostra terra, dove sono nati i nostri nonni».
Il suo videomessaggio si chiudeva così: “Ciò che ci unisce deve essere più forte di ciò che ci divide”. «Con la guerra non si risolve niente».
Quanto è importante per l’Ucraina entrare nell’Ue? «Per noi è tutto: è stato grande il gesto di solidarietà dell’Europa di accettare la nostra richiesta attraverso la procedura più rapida».
Vi sentite abbandonati? «Avvertiamo grande solidarietà verso i nostri rifugiati, vediamo la corsa per dare una speranza. Ne sono orgoglioso, ma ogni Paese può fare di
più: se servono più sanzioni, ci siano più sanzioni. Ci vuole una soluzione diplomatica. Questo attacco russo deve fermarsi il più presto possibile».