Sono in tanti a sognare un futuro da calciatore, ma in pochi riescono a coronare quell’aspirazione. Ancora meno quelli che sono riusciti a farlo a livelli altissimi. Pietro Anastasi è riuscito però a coronare questo sogno. L’unica che lo ha fermato è stata la malattia a 71 anni. «Mi dispiace tanto, sono molto triste – spiega Ignazio Arcoleo, avversario in campo, ma amico nella vita di Anastasi – il calcio perde una figura straordinaria e la Sicilia un simbolo importante che ci ha rappresentato in campo internazionale. Abbiamo avuto all’inizio della carriera due percorsi simili e siamo riusciti a emergere contemporaneamente, lui in rappresentanza della Sicilia orientale e io per la parte occidentale».
Arcoleo e Anastasi si sono sfidati numerose volte nel corso della loro carriera. Un rapporto suggellato dalla fotografia di Mike Palazzotto del febbraio del 1974 che li ritra e prima di una partita di Coppa Italia a Palermo l’uno con la maglia rosanero, l’altro con quella bianconera della Juventus nella stagione che vide i rosanero arrivare fino alla finale. «Lui giocava nella Massiminiana e io nella Juventina Palermo – dice Arcoleo – lui centravanti e io mezzapunta. In quella stagione ci siamo messi in evidenza e lui fu preso dal Varese, io dal Palermo. Le cronache di quel tempo raccontavano di due grandi giocatori della Sicilia che avrebbero fatto molta strada, le due perle della Sicilia, ed entrambi arrivammo in A. Lui alla Juventus, io col Palermo, ma rispetto a lui ho avuto una carriera più tribolata per via di qualche infortunio che mi fece perdere almeno tre anni. C’è una foto che ci vede insieme alla Favorita in cui ci abbracciammo per ricordare quella partita in cui tutto era cominciato fra Massiminiana e Juventina Palermo. Di quella immagine per qualche tempo nei negozi palermitani campeggiavano le gigantografie dei commercianti tifosi sia della Juventus che del Palermo. Ci siamo rivisti quando allenavo l’Akragas, lui era con le con le vecchie glorie azzurre». Ma un certo punto le loro carriere hanno preso due strade diverse. «Mio padre in punto di morte – racconta Arcoleo – mi abbracciò e mi disse che rispetto ad Anastasi ero stato sfortunato, Pietruzzo aveva lasciato prima di me la Sicilia ed era riuscito a realizzarsi. Morì con questo rammarico, poi da lassù mi ha guidato verso quello che meritavo». Quando sognava di diventare un calciatore Anastasi non si separava mai dalla foto di John Charles che teneva con sé nel portafoglio. Il ruolo del bomber lo ha accomunato a un altro grande attaccante siciliano, Tanino Troja. «Quando vengono a mancare certi uomini – dice Troja – tutto il resto passa in secondo piano. Non sapevo che stesse male, era da un po’ di tempo che non ci sentivamo. Rimane il ricordo bellissimo che ho di Pietro e di tutte le volte che ci incontravamo. Ci scrivevamo spesso e tutti e due ci auguravamo sempre che venissero fuori tanti altri piccoli Pietro Anastasi e Tanino Troja. Da avversari ci siamo incontrati tante volte. Non all’inizio perché io ero in A con il Palermo e lui al Varese in B, ma ogni volta che ci vedevamo era una festa. Il nostro era un ruolo molto importante per le nostre squadre. Mi mancherà». Anche Sandro Mazzola ricorda l’amico ed ex compagno di squadra non solo all’Inter, ma anche in Nazionale. «Ci sentivamo spesso – dice – era un ragazzo molto simpatico che faceva sempre scherzi. Tecnicamente era rapido e svelto, eccezionale in area di rigore» . Dino Zoff, campione d’Europa nel 1968 insieme a Anastasi, ricorda che era facile volergli bene: «Era un campione amato e apprezzato da tutti».