L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sulla storia di Alice, portiere della Lucchese esclusa perché incinta. La calciatrice in prima persona denuncia quanto vissuto sulla sua pelle.
«Mi hanno escluso dalla squadra con la sola colpa di essere incinta». A raccontare la sua brutta storia a Repubblica è Alice Pignagnoli, portiere della Lucchese, squadra militante nel campionato di serie C femminile, messa fuori rosa dopo aver comunicato di essere in dolce attesa.
Alice, che è successo in questi ultimi mesi? «Un sabato di ottobre ho scoperto di essere incinta. La domenica successiva per rispetto ho giocato la partita, ma il martedì, alla ripresa degli allenamenti ho comunicato la notizia al mister. La squadra e l’allenatore, pur dispiaciuti perché non potevo più giocare, sono stati carinissimi con me, ma non posso dire altrettanto dell’amministratore delegato. Una volta appresa la notizia ha contattato il mio procuratore, dicendo che ero venuta meno agli impegni presi in agosto. Ho risposto dicendo che se mi fossi infortunata al ginocchio sarebbe stata la stessa cosa ma non erano dello stesso avviso. La segretaria mi ha comunicato che mi avrebbe svincolato, anche se non era possibile per contratto. Da lì mi è stato chiesto di riportare il materiale, mi hanno buttato fuori dal gruppo squadra e mi hanno chiesto di liberare il posto letto. Insomma, mi hanno trattato come una cosa vecchia».
La Lucchese ha comunicato che l’attività è stata sospesa di comune accordo, che le verranno riconosciuti gli importi fino al termine della stagione e che lei non è titolare di alcun contratto di lavoro in quanto atleta non professionista… «Si, ma dispiace constatare che gli stipendi arretrati sono stati saldati soltanto dopo l’impatto mediatico creato dal mio caso. Basterebbero delle semplici scuse e l’ammissione di aver sbagliato. Ecco se la Lucchese dicesse abbiamo sbagliato, non fatelo anche voi, sarei contenta».
Con la prima gravidanza, tre anni fa era andata diversamente? «Nel 2019 a Cesena quando sono rimasta incinta per la prima volta andò tutto benissimo. Ho trovato una società che mi ha sempre rimborsato tutto, ma soprattutto ho continuato a farmi vivere con le mie compagne. Andavo agli allenamenti, facevo le trasferte, le cene, insomma ero parte di un gruppo. Mi hanno rinnovato il contratto al settimo mese di gravidanza e pochi giorni dopo il parto ero in campo». […]