L’edizione odierna de “La Repubblica” ha riportato un’intervista ad Alex Trajkovski in merito alla gara contro l’Italia in programma a Palermo, ma non solo, il macedone parla anche di alcuni ricordi in rosanero.
Sono passati meno di tre anni e sembra un’eternità. Nel frattempo, dal fallimento del Palermo ad oggi, Alexandar Trajkovski ha girato mezzo mondo: Spagna, Danimarca, Arabia Saudita, sempre con la tentazione di nuove imprese e con un solo desiderio, quello di tornare in Italia. Un desiderio che realizzerà il 24 marzo quando la Macedonia del Nord affronterà, proprio al “Barbera”, gli azzurri di Mancini per un posto ai Mondiali del Qatar.
Un sogno che si concretizza a metà. «La Sicilia mi è rimasta dentro e Palermo mi ha fatto innamorare della vita, dei cibi di strada, di atmosfere particolari, della gente. Sandra, mia moglie, è legatissima a quel periodo felice e Matej, “u picciriddu”, è nato a piazza Fonderia, nella clinica di fronte al porto. Ero giovanissimo, ricordi incancellabili».
L’Italia nel cuore, ma ha scelto l’universo arabo. Questione solo di soldi? «Mi volevano, mi hanno fatto sentire indispensabile, abbiamo concluso in un attimo. Certo, qua pagano molto di più. Dopo il crollo del Palermo, sono stato in Spagna per mantenere un adeguato livello europeo. A Palma di Maiorca è tutto meraviglioso e io ero già pieno dei colori e del mare di Mondello. Per firmare con l’Al Fayha, invece, ho atteso, fino all’ultimo minuto del mercato, un’altra offerta, anche italiana, che non è arrivata».
L’accordo siglato a fine gennaio. E il futuro? «Il contratto scade fra un anno e mezzo. Ho detto: proviamo. In Danimarca faceva troppo freddo. A 29 anni, ho ancora altre possibilità. È affascinante girare in più posti per capire dove stai meglio però, quando
sono uscito dall’Italia, ho avvertito subito la nostalgia».
Il suo primo gol lunedì scorso nella King Cup. «Bellissimo: pallonetto di un compagno, stop di petto e tocco sull’uscita del portiere. Ci voleva. Serve per rasserenarti e riscuotere fiducia».
La vittoria agli sgoccioli dei supplementari con la rete di Tachtsidis ex del Catania. «Ne parliamo poco, per la verità. Mi chiede soprattutto della prossima partita contro Mancini e i campioni d’Europa e della nazionale macedone. Per me, è l’argomento del giorno. Battendo l’Al Batin, intanto, ci siamo qualificati per le semifinali contro l’Al Ittihad».
La squadra di Igor Coronado… «Ci siamo sentiti pochi giorni fa. Ho scherzato: “Amico mio, ci vediamo allo spareggio”. Lui è infortunato ma spero che si riprenda al più presto. Il successo sarà più bello (ride, ndr)».
Pensate veramente di farcela? «È la capolista, ma verrà a farci visita. In una sfida secca può succedere di tutto. Per noi che navighiamo a centro classifica, arrivare in finale è fondamentale perché chi conquista la Coppa partecipa di diritto alla Champions League asiatica».
Ad Al Majmaa vive con la famiglia? «No. Sandra e Matej sono rimasti in Serbia. Abito in hotel, mi raggiungeranno dopo l’appuntamento mondiale. Però, mi mancano. I primi mesi saranno difficili senza di loro. Al Majmaa è una città piccola e tranquilla, un po’ come Bagheria, quando sono libero vado nella capitale Riyad, poco più di un’ora di macchina, che è straordinaria».
Cosa l’ha stupita di più in questa nuova avventura? «La settimana scorsa durante una cena, nel centro sportivo dove ci alleniamo, hanno portato carne, riso e pietanze che loro mangiano naturalmente con le mani e questo non l’avevo mai visto».
Continua a seguire il Palermo? «Sempre. Ho molti amici. Mi dispiace per i play-off persi nella passata stagione, una sorta di maledizione se ripenso a Frosinone, ai palloni gettati in campo dagli avversari per fare scorrere i minuti e alla A scippata. Il romanzo rosa forse sarebbe cambiato. Ma, la squadra ora può farcela perché è ben costruita e merita la promozione».
I rosanero oggi a Francavilla. Questo nome le ricorda qualcosa? «La tripletta realizzata in Coppa Italia, al “Barbera”, dopo la retrocessione in B: una rete da opportunista, poi di testa e infine da fuori area, la più bella. La seconda della mia carriera, la prima contro il Montenegro a Skopje in amichevole proprio quando sono arrivato in Sicilia. Eravamo appena retrocessi in B, il presidente era una furia per i troppi giocatori convocati dalle nazionali».
A proposito di Zamparini… «Ho letto, non volevo crederci, una notizia terribile. Che tristezza! Mi ha aperto le porte di uno dei campionati più importanti e di un club ricco di tradizioni. Gliene sono grato. Quando ero bambino, la fantasia mi portava in Italia, senza di lui non sarebbe stato possibile. Mi trattava come un figlio, mi dava buoni consigli. Avevo ventidue anni, ha fatto tanto per me».
Il suo impatto con la serie A? «Indimenticabile ma anche il campionato più stressante di sempre. Un anno di tormenti e ben nove cambi di allenatore. Ci salvammo all’ultima giornata contro il Verona. Che tensione. Uno scivolone e saremmo retrocessi».
Il fallimento? «Ero convinto che ci sarebbe stato un passaggio di consegne e che avremmo giocato i play-off non che la società sarebbe addirittura scomparsa. Non mi aspettavo questa fine. Poi, siamo andati tutti via».
Meno Andrea Accardi. «Mi sento ancora con lui. E gli auguro la B. Probabilmente da palermitano aveva voglia ripartire dalle sue origini. Scelta che comprendo. Contro il Francavilla, lo seguirò in tv e potrebbe essere il momento della svolta».
I suoi punti di riferimento di quando era a Palermo? «Vivevo a Mondello e mi sentivo un re. Un’estate, invece di rientrare in Serbia, ho passato le vacanze in spiaggia. Abitavamo a Fondo Anfossi, frequentavamo l’Ombelico del Mondo, Jajalo, Nestorovski e Posavec; i bambini di “Nesto” e il mio si divertivano insieme, si mangiava la pizza oppure sceglievamo i migliori ristoranti. Ce ne sono tanti. Che rimpianti».
È più tornato? «No, lo farò fra un mese (ride, ndr). Quando ho saputo che si giocava al
“Barbera”, ero contento, finalmente avrei rivisto i luoghi dove ho vissuto quattro anni bellissimi: campo, spogliatoi, persone conosciute. In molti mi aspettano. C’è chi mi vuol bene e chi no. Normale. Fai due buone prestazioni e ti portano alle stelle, sbagli e non sei più buono. Lo stadio sarà stracolmo e il tifo accompagnerà l’Italia. Uno stimolo per noi. Io mi sentirò a casa».
Mancini vuole il Mondiale. «Prima deve arrivarci. E batterci non sarà semplice, ve lo posso assicurare. Anche noi mostriamo qualità e abbiamo già scritto una pagina di
storia piazzandoci per i play-off».