L’edizione odierna de “La Repubblica” riporta le dichiarazioni di Alessandro Martinelli, centrocampista del Palermo: «Preferisco recuperare un pallone piuttosto che fare un gol – dice il centrocampista svizzero classe 1993 – se le attenzioni di tutti vanno sugli attaccanti significa che il resto della squadra gira bene». Martinelli, con il Brescia si era conquistato la A e ora si ritrova in D. Che salto è stato? «Sono felicissimo della scelta che ho fatto. Con il Brescia il contratto era finito, mi sono guardato intorno per due mesi dopo la fine del campionato. Cercavo un progetto importante e le proposte che ricevevo non c’entravano molto con l’idea che avevo per il mio futuro. Aspettare è stato fruttuoso, sono entusiasta della scelta. La serie D ti fa crescere come persona, bisogna sapersi adattare. Sul sintetico soffro molto e vado un po’ in difficoltà, però fa tutto parte di questa stagione e serve per il nostro bagaglio. Ne usciremo alla grande». Cosa vede nel suo futuro? «Sono a Palermo per pensare a lungo termine e tornare fra i professionisti. Poi l’anno prossimo se dovessimo raggiungere l’obiettivo vedremo di programmare il futuro con i rosanero. Sono venuto a Palermo per restarci a lungo. Tornare fra i professionisti è importantissimo: è tutto un altro mondo, anche se parliamo della serie C, cambia proprio la prospettiva». Come mai non è riuscito a legarsi alla Sampdoria, club con il quale è rimasto sotto contratto dal 2009 al 2018 senza lasciare il segno? «Il primo anno avevo fatto tutto il ritiro, mi sentivo bene, ero molto giovane e all’ultimo giorno mi hanno mandato a giocare in prestito. E ogni anno era la stessa storia. Ogni volta che tornavo avevo la sensazione che non avrebbero puntato su di me e forse non davo tutto me stesso. Forse è stata anche colpa mia». Com’è Martinelli fuori dal campo? «Non sono un amante della musica, ma delle serie tv sì. Con Netflix le vedo praticamente tutte. Gioco alla playstation con Fifa e mi piacciono un po’ tutti gli sport. Anche se principalmente seguo il tennis. Sono legato ai miei amici, sono cresciuto in un piccolo paese della Svizzera, Mendrisio, mi piace trascorrere il tempo con la mia fidanzata. In cucina sono negato, vado tutti i giorni a mangiare fuori con gli altri compagni negati come me. Sono goloso, ma devo controllarmi, altrimenti sono uno che fa strillare la bilancia». A guardare le vostre foto sui social sembra che vi conosciate tutti da anni con i suoi compagni di squadra. E invece vi allenate insieme solamente da due mesi. C’è un segreto? «Il merito è di tutti: da chi ha scelto i giocatori e dei giocatori stessi, dei più piccoli che si adattano in fretta ai più grandi che si mettono a disposizione. Il merito va anche alla società. Sagramola e Castagnini li conosco bene avendoli avuti come dirigenti per diversi anni. So che se si buttano in qualcosa è perché dietro c’è una situazione solida e un futuro da scrivere. E il presidente Mirri mi sembra uno che non c’entra niente con questo mondo: è educato, timido e riservato. È fantastico lavorare in questo mondo con delle persone così». Che idea aveva della città prima di approdare a Palermo? «Dicevo che non sarei mai andato a giocare lontano da casa e al Sud. Poi sono venuto con il Brescia a giocare a Palermo un paio di volte e in ogni occasione mi innamoravo della città. Dormivamo in centro e il tragitto in pullman dall’albergo allo stadio era uno spettacolo. Palermo è bella e appena si è presentata l’occasione l’ho presa al volo. Il clima è spettacolare, vivo a Mondello che è una zona bellissima. Certo, vengo dalla Svizzera e lì siamo tutti precisi. Qui è tutto un po’ caotico, ma il traffico è solo questione di abitudine. Una settimana e tutto diventa normale. E poi il teatro Massimo è fantastico». C’è un allenatore fra quelli che ha avuto al quale è più legato? «Un po’ tutti mi hanno lasciato qualcosa, da quelli che ho avuto più a lungo come Boscaglia a quelli con cui ho lavorato meno come Marino. Corini mi ha insegnato molto anche se ho giocato poco. E metto anche Madonna che ho avuto nei primi anni da professionista. Cerco di imparare da tutti, anche dai calciatori che non giocano nel mio ruolo: da Chiellini in difesa per la concentrazione che ha fino agli attaccanti per come si muovono. Da noi Ricciardo o Santana hanno molto da insegnare. Mi piacciono molto i giocatori tecnici. Ronaldo o Messi sono fortissimi, ma mi piacciono di più quelli come Ozil. Messi è un talento puro, ma è troppo forte, non è un essere umano».