“Un trampolino di lancio per destino. Non è solo il Palermo dei tempi moderni ad avere messo nel mondo del calcio dei debuttanti diventati poi parecchio famosi. Capitava anche negli anni Sessanta ed è successo pure con Roberto Anzolin, due stagioni e settantuno presenze in rosanero. La prima cosa che Anzolin citava quando gli parlavano di Palermo era una pasta con le melanzane mangiata a Mondello. E pensare che era convinto di andare a giocare nel Milan, quando seppe che Totò Vilardo lo aveva acquistato per portarlo in rosanero. Anzolin è morto ieri a settantanove anni. Con il Palermo era retrocesso dalla A alla B nel 1959/60, ma vinse subito il campionato nella stagione successiva, quella della definitiva consacrazione che lo fece notare agli occhi della Juventus. Con i bianconeri giocò 310 volte in nove stagioni vincendo uno scudetto e una Coppa Italia. A scoprire “la zanzara”, come era soprannominato per il suo fisico, fu Vilardo che lo scovò nel settore giovanile del Marzotto Valdagno, pagando il suo cartellino 40 milioni di lire, cinque in più di quelli che offriva il Milan. Un investimento ben ripagato, se si considera che dopo due anni la Juventus per portarlo a Torino diede al Palermo il cartellino del difensore Tarcisio Burgnich, i prestiti di Carlo Mattrel e del centrocampista svedese Rune Borjesson, oltre a un conguaglio da 100 milioni di lire. «È agile come un gatto – disse di lui Cestmir Vycpalek, che lo ha allenato in rosanero, in una sorta di scheda tecnica – schizza da un palo all’altro con guizzi felini. Impeccabile nelle uscite basse, meno in mischia e in uscita alta». In città si muoveva sulla Topolino di Malavasi e fra i suoi più grandi amici c’era Tonino De Bellis, suo coinquilino oltre che compagno di squadra in rosanero. «Vivevamo allo stadio – racconta De Bellis – dividevamo la stessa stanza. Ho pensato a lui proprio in queste ore. Stavo sistemando alcuni numeri di telefono e ho pensato di chiamarlo, ma poi non l’ho fatto. Non stava bene, ci eravamo sentiti per le feste come facevamo per ogni ricorrenza. Da quando abbiamo giocato insieme siamo rimasti in contatto, anche quando poi lui è andato alla Juventus e ci siamo ritrovati avversari a Torino. La nostra amicizia andava oltre le maglie che indossavamo ». Nel racconto di De Bellis si percepisce l’affetto che li legava. «Era un ragazzo favoloso – continua – Quando ci siamo sentiti l’ultima volta non se la passava benissimo. Vivevamo insieme, andavamo al ristorante insieme, uscivamo insieme. Facevamo tutto insieme. Di solito chi para è un po’ pazzoide, lui no. Era serio e tranquillo. Sono veramente addolorato»”. Questo quanto riportato dall’edizione odierna de “La Repubblica”.