Il Governo Draghi sta lavorando a una “stretta” sul reddito di cittadinanza. Non più sussidio illimitato, ma uno strumento di sostegno che durerà massimo 18 mesi per chi è in condizione di lavorare. Una piccola rivoluzione in grado di mettere in discussione il sistema di aiuto alle fasce più deboli così come lo abbiamo conosciuto sino ad oggi.
Secondo quanto riporta il “Mattino”, tra le ipotesi al vaglio dell’attuale Esecutivo c’è una rimodulazione dei criteri di assegnazione e durata del reddito di cittadinanza. L’INPS non rinnoverà più l’assegnazione del reddito dopo i primi diciotto mesi per chi è “occupabile”. Secondo il sistema attuale, invece, scaduti i 18 mesi, e trascorso un mese di sospensione, è possibile presentare una domanda per il rinnovo all’INPS se permangono le condizioni di bisogno. Nei piani del Governo questo non dovrebbe accadere più. I tecnici del ministero del Lavoro guidato da Andrea Orlando ragionano anche sulla possibilità d’introdurre un sistema premiante, una sorta di bonus, a favore dei percettori che trovano lavoro.
Il “premio” dovrebbe tradursi in una diversa rideterminazione del sussidio a favore del beneficiario che trova un impiego. Oggi, infatti, se un percettore trova un’occupazione, il maggior reddito da lavoro concorre alla rideterminazione del beneficio economico nella misura dell’80 per cento a decorrere dal mese successivo alla variazione: in questo modo, in pratica, chi accetta un’offerta va incontro alla perdita quasi totale del sussidio, che resta in piedi per il restante 20 %. L’idea invece è di calcolare la quota di assegno che spetta al beneficiario che trova un’occupazione conteggiando il maggior reddito da lavoro nella misura del 50 per cento anziché dell’80 per cento, almeno per i primi sei mesi.
Come funzionerà
Nel dettaglio, l’entourage del ministro Orlando sta valutando l’idea di “sdoppiare” il sussidio. I non occupabili continueranno a ricevere il vecchio sussidio. Chi è invece tenuto a sottoscrivere un contratto di lavoro, riceverà un reddito su misura. Il Governo Draghi punta a ridurre l’assegnazione “ad libitum” del reddito, che durante l’emergenza Covid ha visto allargarsi la platea dei beneficiari al punto da far lievitare la spesa per le casse dello Stato a dieci miliardi di euro.
Ciò di cui si sono resi conto ai piani alti del Governo è il flop occupazionale del reddito di cittadinanza. A due anni dall’introduzione della misura di sostegno ai più poveri, i navigator e i centri per l’impiego si sono rivelati un fallimento. Il rischio che l’Esecutivo vuole scongiurare è quello di trasformare il reddito in una zavorra per lo Stato. L’aumento della crisi economica e la fine del blocco dei licenziamenti potrebbe allargare ancora di più la platea dei percettori con un inevitabile carico sulle finanze pubbliche.
Congruità delle offerte di lavoro
L’Esecutivo è a lavoro anche per rivedere i criteri di congruità delle offerte di lavoro. Secondo il sistema attuale, un beneficiario che sottoscrive il patto per il lavoro è chiamato ad accettare nei primi diciotto mesi almeno un’offerta di lavoro congrua su tre. La congruità dell’offerta viene definita sulla base di tre principi: le competenze maturate, la distanza del luogo di lavoro dal domicilio, la durata dello stato di disoccupazione.
Più nel dettaglio, nei primi dodici mesi di fruizione del beneficio è congrua un’offerta entro cento chilometri di distanza, dopo un anno invece è congrua un’offerta entro 250 chilometri e in seguito al rinnovo il principio della distanza decade. Il Governo vorrebbe rivedere i criteri, rendendo congrua un’offerta entro 250 chilometri dal luogo di residenza sin da subito.
Addio ai navigator
Altro punto su cui Draghi intende intervenire è quello dei navigator. Sempre secondo quanto riporta Il Mattino, ci sono risorse sufficienti per prorogare il loro contratto fino a dicembre. Ma oltre quella data non verrà rinnovato il loro contratto. Eppure, secondo i dati forniti dal Ministero del Lavoro, al mese di ottobre, avrebbero supportato gli operatori dei centri per l’impiego nell’accoglienza dei 882mila beneficiari del reddito e contribuito alla presa in carico di 430mila percettori nella sottoscrizione dei patti per il lavoro.