L’edizione odierna de “La Repubblica” ha riportato una lunga intervista a Radja Nainggolan.
«L’Italia mi manca, i miei amici, i ristoranti, la gente». Fa una pausa, Radja Nainggolan, mentre lo dice. Da Anversa, la città dove è nato e dove è tornato a giocare, non ha dimenticato la Serie A: «Ma il livello è diverso: le piccole giocano a viso aperto perché sanno che c’è qualcosa da prendere ovunque. Anche a San Siro. Lì una volta trovavi Pirlo, Seedorf, Thiago Silva: se prendevi tre gol andavi via col sorriso».
Nainggolan, si è mai sentito danneggiato dal suo stile di vita? «Se uno fa tardi, beve, fuma una sigaretta, ai miei occhi non fa cose sbagliate. Poi il Nainggolan in campo rendeva facile accettare tutto: non mi sono mai preoccupato di cosa diceva la gente, tanti invece si nascondono. Di me si sa tutto perché esco, mi vedi nei locali. C’è chi beve più di me ma lo fa a casa e non lo sa nessuno».
Crede che il moralismo le sia costato la nazionale? «Un po’ sì. Lì ci sono grandissimi giocatori ma la mentalità è completamente diversa. Poi spesso non conoscono bene la persona, si fidano di ciò che viene detto. Mi è mancato un Mondiale, ma dopo l’ultima esclusione ho detto basta».
Intanto il Belgio aspetta ancora un grande trofeo. «Se non arriva in Qatar, secondo me non arriva più. Agli Europei l’Italia era meno forte sulla carta, ma poi il blocco squadra era molto più solido. E quella è la base del calcio».
Questione di leadership: è ciò che manca alla sua Roma, oggi? «Zaniolo è un grandissimo giocatore, ma quando la squadra non gioca bene contro le grandi, e negli ultimi anni di queste partite ne ha vinte poche, anche lui non fa la differenza. Noi di giocatori di personalità ne avevamo un’infinità: Dzeko, Totti, De Rossi, Strootman, Salah, Alisson. Il rimpianto è aver fatto il record di punti e non aver vinto nulla».
Lei però ha vinto uno scudetto, quello dello scorso anno con l’Inter. «Sì, ma io non lo calcolo. Per me vincere uno scudetto conta solo se lo vinci da protagonista».
A Milano è stato trattato male? «Appena arrivato dissi che ero felice ma che era più forte la delusione di essere andato via da Roma. E già non ero partito bene. Dopo il rigore sbagliato con la Lazio in Coppa Italia mi hanno iniziato a fischiare, mi sono venuti dubbi, è crollata la fiducia».
Ricordo anche degli audio un po’ così: le solite fake news? «No, no: ero io. Dicevo che volevo andar via, che volevo tornare perché non mi sentivo a mio agio. L’avevo mandato a un amico, ma sai Roma com’è, no? In un attimo lo avevano tutti. Dovevo saperlo, non sono stato molto intelligente, ma pazienza».
Poteva meritare più spazio? «Se avessi avuto fiducia avrei potuto fare tranquillamente il mio in quella squadra. Conte è un grandissimo allenatore, ma con lui non ho avuto possibilità. Non abbiamo mai litigato, però: quando mi volevano mandar via, me lo hanno detto. E chi dice le cose in faccia lo apprezzo di più».
Conte la voleva al Chelsea, no? «Era il 2016, venne a Roma a parlarmi, mi disse “guarda, io voglio giocare così, così e mi servi tu”. Già disse che voleva Lukaku. Ma pensavano guadagnassi meno: non avrei preso un euro di più, non era abbastanza per lasciare Roma».
Mourinho a Roma è l’uomo giusto? «Penso sia una grande persona, i suoi giocatori mi dicevano che sa conquistarti solo col parlare. E dice le cose dirette. A volte ha uscite che possono far male ai giocatori: alcuni li puoi massacrare se dici che non sono all’altezza. Con altri, come me, funziona».
L’allenatore che le ha dato di più? «Spalletti: con lui, ho fatto il miglior anno della mia carriera, a livello di
squadra e individuale».
Ha visto la serie tv su Totti? «Sì, e ho pensato: l’unico che assomiglia davvero è quello che interpreta me. Gli altri zero, anche l’allenatore. Di vero c’era che a Bergamo, prima della partita, Io Totti e Pjanic avevamo giocato fino a tardi. Ma non a carte, era un giochino sul computer. Però quella scena, con Spalletti che ci aspetta in corridoio è vera. Altre cose invece non le ricordavo».
Ora può dircelo: tra Spalletti e Totti chi aveva ragione? «Sono neutrale. Totti non ha mai chiesto di giocare titolare, si sentiva preso in giro perché era il suo ultimo anno e giocava 5 minuti sul 2-0. Mi sentirei preso per il culo anche io. Ma non hanno mai litigato, o chissà cosa. Totti mi diceva che con lui aveva un rapporto splendido, si sentivano. Poi è finita, sì, ma il tecnico deve fare le sue scelte».
È rimasto deluso da come è andata con il Cagliari? «Sento spesso Joao Pedro, Nandez, Pavoletti, mi dicono “dovevi essere qui”. La società ha fatto altre scelte, ma se mi dici una cosa e non la rispetti, con me hai chiuso».
Chi è il calciatore più forte con cui abbia giocato? «Ho giocato con gente come Lukaku, Hazard, De Bruyne. Ma il massimo è stato giocare con due icone come Totti e De Rossi».
È vero, come ha detto Evra, che in ogni club ci sono due gay? «Mai avuto un compagno su cui avessi un dubbio. Ma è un mondo maschilista, sono tutti molto “macho”. Sarebbe importante invece se una persona si potesse dichiarare sapendo di venire accettata senza problemi».