Quel terribile 23 maggio 1992, Mirri: «La città era sconvolta, impreparata ad una ferocia del genere. Io purtroppo…»
Poco prima delle ore 18, un attentato dinamitardo mafioso sull’autostrada A29 uccideva il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Il 23 maggio 1992 fu un sabato terribile per la storia del nostro Paese. Il giorno dopo la strage di Capaci, in cui ci furono anche 23 feriti, il Palermo allenato da Gianni Di Marzio era impegnato in una sfida salvezza ad Avellino. Nelle ultime giornate di campionato si giocava la permanenza in serie B.
Secondo quanto riporta “Overtimefestival.it”, Dario Mirri, l’attuale presidente del club ripartito dai Dilettanti e in attesa in queste ore di capire se l’anno prossimo giocherà in C, ricorda quelle ore drammatiche che nessuno, a Palermo come altrove, ha più dimenticato. «Avevo 22 anni e con altri amici tifosi ci stavamo imbarcando al porto in direzione Napoli. La notizia della strage ci arrivò in quel momento in maniera confusa. Allora non c’era internet e nessuno aveva il cellulare. In nave si seppe davvero poco dell’accaduto. Noi tifosi ci trovammo per ore in un ambiente ovattato. Se avessimo saputo per tempo e in maniera completa, non saremmo neanche partiti».
Il traghetto arrivò a Napoli all’alba di domenica, il giorno della partita allo stadio Partenio. «Corremmo subito in edicola a cercare un giornale e poi chiamammo a casa con un telefono a gettoni. Fu una notizia assurda da quanto era allucinante».
La gara si disputò. L’Avellino era in pratica già retrocesso, il Palermo veniva dalla vittoria con il Padova e credeva ancora nella salvezza. I rosanero andarono in vantaggio con Pierpaolo Bresciani. Sembrava una partita semplice. Poi nell’intervallo cambiò tutto, Parpiglia e Bertuccelli ribaltarono la partita. «Furono novanta minuti stranissimi – continua Mirri, nipote dello storico presidente Renzo Barbera – l’Avellino era contestatissimo dai propri tifosi, che parteggiavano per noi. Poi non si capisce cosa successe nell’intervallo. Dagli spogliatoi rientrarono in campo due formazioni che non sembravano più le stesse».
Per anni in città si è parlato di Avellino-Palermo del 1992 come di una gara combinata, almeno nelle intenzioni iniziali di qualcuno. Voci mai confermate. Con quella sconfitta il Palermo, che aveva in formazione anche Taglialatela, Centofanti, Cecconi e Rizzolo, si avviò alla retrocessione in C1.
«Ripartimmo da Napoli la domenica sera – conclude il racconto Mirri – arrivammo a Palermo lunedì mattina. Il calcio era ovviamente passato in secondo piano. Ritrovammo una città sconvolta, impreparata ad una ferocia del genere. Ricordo però negli occhi di tutti un sentimento misto di rabbia e di coraggio. Palermo rinacque con orgoglio proprio unendosi contro la violenza e la mafia. Io purtroppo non ho mai avuto l’occasione di conoscere personalmente Giovanni Falcone, eroe eterno di Palermo».