Qualificazioni Mondiali: premi e sponsor, l’Italia vale 90 milioni. Con il mondiale supererebbe i 110

L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sul valore della Nazionale di Mancini.

Di apocalisse si parla sicuramente a sproposito, la fine del mondo è ben altro che un Mondiale perso per strada. Ma se fallire la campagna di Qatar 2022 non è un’apocalisse (calcistica, per carità) per l’Italia, allora cos’è? Siamo la Nazionale più vincente escluso il Brasile, quattro coppe, altre due perse in finale, campioni d’Europa, una scuola sinonimo di calcio nel mondo. In fatto di apocalisse abbiamo già dato, avendo mancato il Mondiale 1958 in Svezia, quello di Pelè, e poi Russia 2018, fallimento che mai potremo dimenticare. L’ultimo torneo con il nostro inno risale a Brasile nel 2014, l’ultimo che non ci ha fatto piangere è Germania 2006. Eppure la Nazionale ha continuato a crescere anche dal punto di vista economico: oggi vale circa 90 milioni all’anno, l’obiettivo è superare i 100. Soldi, albo d’oro, tradizione, conseguenze sul movimento. Ecco perché non possiamo permetterci di non andare in Qatar.

Tre edizioni perse Soltanto il Brasile ha partecipato a tutti i Mondiali finali (21). Segue la Germania con 19, quindi gli azzurri a quota 18. Tre quelli mancati. Il primo, nel 1930, per scelta politica: la Fifa assegnò la fase finale nel lontano Uruguay e la federazione disse “no”. Quindi nel 1958: l’aereo per la Svezia sfuggì all’ultima partita proprio a Belfast, in Irlanda del Nord, stessa sede finale di queste qualificazioni. Un pari era sufficiente, gli azzurri persero 2-1. Infine, contro ogni immaginazione, Russia 2018, playoff contro la Svezia. Ma chissà se, qualificandoci, sarebbe arrivato Mancini.

Botta assorbita Se da un punto di vista calcistico la botta è stata forte, ma riassorbita con il successo all’Europeo, il contraccolpo economico è stato molto meno drammatico del previsto. Gli sponsor commerciali non hanno abbandonato l’Italia, il contrario. La Puma ha garantito circa 22 milioni all’anno. E dalla tv, grazie alla centralizzazione dei diritti delle qualificazioni, sono entrati sempre 35 milioni all’anno. In sintesi: nel quadriennio 2015-18, quello del flop, la Nazionale valeva circa 79 milioni all’anno; in quello in corso, 2019-22, da campioni, siamo sui 90. Ora il prossimo passaggio è il ciclo 2023-26 che comincia all’indomani del Qatar (21 novembre-18 dicembre).

Verso i 100 e oltre L’Italia ha nel mirino il valore di 100 milioni e oltre. Da raggiungere attraverso i rinnovi. Il primo step a fine anno non sarà condizionato troppo da questi risultati perché, anche con il secondo posto, ci sarebbero gli spareggi di marzo. A giugno, secondo appuntamento. E un altro Mondiale mancato non favorirebbe un aumento. Infine, terzo periodo di rinnovo a fine 2022. Non ci vuole un’analisi di macroeconomia avanzata per capire che, con il Qatar, il 100 milioni sarebbero superati agevolmente. A prescindere dal risultato, il 1° gennaio 2023 l’Italia aumenterà le entrate dallo sponsor tecnico: al posto della Puma subentrerà l’Adidas che garantirà 30/35 milioni. L’Italia entrerà nel G5 delle nazionali che valgono di più con Brasile, Germania, Francia e Inghilterra.

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Redazione Ilovepalermocalcio