Prof. Castellacci: “Siamo medici, non vigili. Se si vuole ripartire 11.000 tamponi ora”
Il professor Enrico Castellacci, storico ex medico della Nazionale italiana e presidente dell’associazione italiana che rappresenta i medici nel calcio (LAMICA), interviene in diretta ai microfoni di TMW Radio, nel corso della trasmissione Stadio Aperto, per analizzare le criticità legate alla ripresa della Serie A secondo le indicazioni governative. Di seguito alcune sue parole: “Non mi meraviglia che si sia messo l’accento sulla figura del medico del calcio. Se nella società civile la figura del medico viene rivalutata, anche nel calcio è riabilitata dopo essere stata reietta, anello debole della catena. Però ora vogliono attribuire troppe responsabilità: nessun medico si aliena dalle responsabilità, ma aver messo in evidenza che il responsabile sanitario è esclusivamente il medico del calcio, lo trovo eccessivo.
I perché son due: primo, è l’unica figura che non ha contrattualizzazione federale, considerate che in Serie B e C spesso lavorano gratis, fanno altri lavori. Secondo, si vede che sono poco considerati: ai tavoli del calcio ci sono tutti tranne l’associazione italiana dei medici del calcio. La prima cosa che viene detto dal Governo é: sono responsabili i medici. E allora però ridiscutiamo la situazione. La preoccupazione dei miei colleghi, specie dalla B, è tanta: mi hanno scritto che sono pronti a dimettersi se non viene fatta chiarezza. Un medico può seguire le linee guida se sono applicabili, ma se non lo sono come fa? Un medico di Serie B non ha la possibilità di mettere in ritiro tutti, come fa a prendersi la responsabilità penale?
Anche i club devono essere responsabili: un malato di Covid-19 può essere assimilato ad un infortunio. I medici devono essere responsabili della sistemazione sanitaria, ma non possono, senza neanche copertura assicurativa, prendersi anche quella organizzativa. Il professionismo deve prevedere protocolli adattabili a tutte e tre le leghe. Se lo sono, il medico non avrà alcun problema ad assumersi la responsabilità che gli compete. Se si avesse avuto veramente volontà di ricominciare, avremmo accettato la metodica della Bundesliga: è la più accettabile se, tra una quindicina di giorni, il virus dovesse attenuarsi. I primi quindici giorni di blindatura saranno anche ok, ma più di quelli i giocatori non ci stanno. Dal momento in cui vanno in trasferta… Ma poi non ci credo che non tornano a casa per due mesi e mezzo. Incontrare un asintomatico che lo trasmetta è facile… E lì si ferma tutto.
Ma si vuole veramente ripartire o si fa un campionato che si blocchi da solo senza che ci siano input politici veri e proprie. Aspetto con ansia le indicazioni del Governo. I medici hanno l’obbligo di fare tamponi e test, e ok. Ma chi glieli dà? Ci vuole un accordo col Ministero della Sanità, anche perché non si possono levare tamponi a chi serve di più nella società civile, e questo è di base per noi. Noi cittadini privati non possiamo comprarci un tampone, ma ce ne vogliono immediatamente almeno 11.000, e non sono pochi. Questa è la prima scrematura, poi una volta che vai a blindarli servono solo quelli di controllo. Anche nel prosieguo del campionato ce ne vorranno altri… Stamani ho chiamato gli avvocati della LAMICA, l’associazione che presiedo. Voglio che guardino tutti i protocolli e mi facciano osservazioni dal punto di vista giuridico. Bisogna che io sia abbastanza severo”.