L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sulla questione plusvalenze in serie A con le carte della Procura.
Questa parola, plusvalenze, contiene un mucchio di cose. Non necessariamente brutte. Scoprire un talento, aiutarlo a crescere, cederlo realizzando un guadagno, è un percorso che regge un bel po’ del sistema calcio. Il fatto è che sull’altro lato della medaglia ci sono conti che non tornano e che hanno portato la procura federale a deferire cinque squadre di serie A, due di B (peraltro Parma e Pisa sono quelle che rischiano di più in base ai capi di accusa formulati) e altri quattro club. Situazioni che incrociano l’inchiesta penale «Prisma» di Torino e il percorso della giustizia sportiva che fra poco arriverà al Tribunale federale. E la possibilità che si apra un secondo filone, vedi indagine della procura della repubblica di Milano, su cui però l’istruttoria non è finita.
70 volte di più Poi c’è la proiezione formulata dalla procura federale che non s’è lasciata convincere dalla presunta impossibilità di stabilire un valore oggettivo di un calciatore e ha predisposto una sorta di modello fatto da età, ruolo, carriera sportiva, storia dei trasferimenti, contratti di lavoro. E che è arrivata a confrontare le cifre iscritte nei bilanci e quelle «rettificate» declinando quei parametri. Fino a tirar giù circostanze in cui fra le due cifre c’è una distanza che diventa abisso, 70 volte, 40, 20 volte di più. Un’operazione che finora non ha avuto fortuna nei tribunali sportivi e ordinari vista la difficoltà di dimostrare un valore oggettivo di un calciatore. Tanto che Uefa e Federcalcio stanno provando a fermare il fenomeno prendendolo da un’altra angolazione: non far valere le plusvalenze nei bilanci che vengono presi in considerazione per iscriversi ai campionati.
Infortuni Ma questa parola, plusvalenze, contiene anche sogni. Sogni spesso spezzati, sogni travestiti da illusioni, cifre da serie A che si perdono fra gravi infortuni e campionati inferiori, la C, la D, fino a chi emigra pure in Bulgaria. Nella lista degli affari messi a fuoco ci sono diversi ragazzi ipervalutati dal meccanismo della plusvalenza facile per raddrizzare i conti. Ragazzi che sono diventati protagonisti loro malgrado di uno strano film. Prendete Giulio Parodi, barese, arrivato prestissimo a Torino sponda Juve. A 18 anni è in panchina con la prima squadra che vince la Supercoppa con il 2-0 sulla Lazio. Poi un bel po’ di anni in bilico, fra un pugno di presenze nella Juve Under 23 e tanti infortuni. Fino a che nel mercato di gennaio 2021, la Juve lo cede al Pro Vercelli per 1,320 milioni di euro. Per la procura federale la cifra giusta sarebbe stata 50mila euro. Davide De Marino, difensore centrale, fa il percorso inverso: arriva a Torino per un milione e mezzo, ma per i procuratori federali ne vale 200mila. Ora è al Pisa, fermo per la rottura di un legamento crociato.
Serie D. Ciro Palmieri, invece, sta giocando. Nella Nocerina, in serie D, dove in questa stagione ha segnato 5 gol disputando 22 partite. Il Napoli l’aveva ceduto al Lilla nell’affare Osimhen con un valore di 7 milioni di euro. Per la procura federale, nell’estate del 2020, dopo una lunga militanza nelle giovanili del Napoli, il suo valore era di 100mila euro. Nello stesso affare, è entrato Luigi Liguori, ora all’Ercolano, in serie D, inserito nell’affare dopo una stagione alla Fermana bloccata quasi interamente dalla frattura alla spalla. Qui la distanza è di 40 volte: costo 4 milioni, valore «rettificato» 100mila euro. Questo gioco dei numeri, al di là della verifica giudiziaria – non dobbiamo mai dimenticare che un’istruttoria non è una condanna e che saranno i giudizi a decidere sulla congruità delle cifre iscritte a bilancio – ha una sua crudeltà. Perché queste iper valutazioni sembrano una bolla piena di speranze che poi evaporano in interminabili viavai di mercato. Forse bisognerebbe ripartire da qui, da queste storie, perché dietro i numeri ci sono sempre le persone. E i loro sogni.