L’edizione odierna de “La Gazzetta dello Sport” si sofferma sul Medio Oriente che ha stravolto il calcio europeo.
Tre miliardi investiti nel calcio europeo, e si sfonderebbero i quattro se andasse in porto l’acquisto del Milan. Le proprietà arabe hanno stravolto le gerarchie e ridisegnato la mappa calcistica del Vecchio Continente. Lo hanno fatto, banalmente, a suon di petrodollari. Dagli Emirati arabi uniti al Qatar dall’Arabia Saudita al Bahrain, attualmente si contano quindici club in mano a entità del Medio Oriente.
I big sono le famiglie regnanti ad Abu Dhabi, con Mansour che attorno al Manchester City ha costruito la multiproprietà City Football Group, a Doha, con gli Al Thani sbarcati a Parigi e capaci di vincere la corsa per i Mondiali 2022 e di piazzare l’uomo di fiducia alla guida dell’Eca, e infine a Riyad, con il principe bin Salman che ha dato l’ordine di sbancare la Premier attraverso l’acquizione del Newcastle da parte del fondo sovrano Pif. I paesi del Golfo Persico, 58 milioni di persone, vantano un Pil aggregato di 1640 miliardi di dollari e sfruttano la ricchezza derivante dalle risorse naturali per occupare un posto strategico in un mondo sempre più destabilizzato. I loro piani di sviluppo, con vista sul 2030, puntano anche sullo sport. Quale migliore vetrina di una squadra di calcio? Possedere un marchio come il Milan delle sette Champions, ancora fortissimo in Medio Oriente, farebbe ancor più rumore di quanto hanno fatto, al momento dell’acquisto, i tre club-Stato.
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