Perinetti: «Proprietà straniere stanno cambiando calcio italiano»
L’edizione odierna de “Il Corriere dello Sport” riporta una lunga intervista all’ex ds del Palermo Giorgio Perinetti.
Direttore Giorgio Perinetti come l’ha trovata la Serie C a distanza di anni? «Un livello tecnico più alto anche perché i calciatori esclusi dalla Serie A piena di stranieri si ricollocano inevitabilmente in B e C. I molti campi sintetici, poi, favoriscono l’intensità del gioco che è cambiato notevolmente rispetto a pochi anni fa».
L’Avellino dove può arrivare? «È attrezzato per competere per la promozione, ma il girone C è infernale. Bisognerà misurarsi con carattere fino all’ultimo».
E’ vero che aveva chiuso col Benevento e s’era scelto l’albergo nel Sannio in estate? «Ho incontrato i dirigenti di Benevento e Avellino nella stessa settimana. Ero convinto di essermi vincolato alla Strega, invece ho trovato la sistemazione in Irpinia. Per me ideale».
Lei, direttore Perinetti, ha attraversato momenti durissimi dal punto di vista umano, prima a causa della precoce scomparsa della signora Daniela, sua moglie, e poi, recentemente, della sua amatissima figlia Manuela. Il calcio è una terapia anche di fronte a lutti insopportabili? «Il calcio mi ha permesso di superare crisi adolescenziali e mi ha dato la vita che sognavo. I lutti atroci che mi hanno colpito sono affrontabili con forza d’animo e con la distrazione di un lavoro che ti spinge sempre a competere per sopravvivere».
ll presidente Gravina ha avanzato una proposta di riformulazione dei campionati, dicendosi pronto a imporre l’obbligo d’intesa. E’ la giusta direzione? «Credo che il numero di squadre vada inevitabilmente ridotto per garantire sostenibilità. Ma non così drasticamente. Il nostro è pur sempre il calcio del campanile che adoriamo e va salvaguardato assolutamente».
Cosa pensa dei nuovi format che penalizzerebbero la C che da 60 squadre passerebbe a un girone unico ridotto a un terzo col semiprofessionismo? «Una riduzione poco conciliabile con l’attuale realtà. Non basterà il semiprofessionismo a compensarla».
Però è evidente che 100 club prof il sistema non li regge, non c’è la forza economica per sostenerli anche con una nuova ripartizione delle risorse dei diritti tv che i grandi club, peraltro, non hanno nessuna intenzione di avallare. O no? «Il problema delle risorse è fondamentale. Ma anche l’utilizzo che se ne fa diventa dirimente. Altrimenti non basteranno mai, anche se dovessimo ridurre di molto le società professionistiche». E la Lega di B del presidente Balata si lamenta per il turnover che ogni anno deve subire.
Sono sempre di più le proprietà straniere e i fondi nel nostro calcio, non ci sono più i presidenti padri-padroni di una volta. Non è un rischio perdere la propria identità, con un calcio che si scolla dai territori e sempre più fatto solo di soldi con scarsi ricavi e sempre più debiti? «Un mutamento epocale. Il proliferare delle proprietà straniere può portare a una nuova maggioranza in Lega dove si può pensare a una diversa interpretazione del nostro modo di vivere il calcio con più spettacolarizzazione. Non credo lo ameremmo, ma il rischio esiste».