L’edizione odierna de “La Repubblica” si sofferma sul calcio femminile riportando un’intervista a Valentina Giacinti.
Ci sono momenti in cui gli occhi sognano e altri in cui non brillano più. Valentina Giacinti, 28 anni, attaccante, con la Nazionale al Mondiale 2019 ha appassionato milioni di italiani e ispirato bambine e ragazzine. Per quattro anni ha giocato nel Milan, 55 reti, 68 partite, la fascia di capitano. E poi, puff. Il suo passaggio alla Fiorentina, a gennaio, ha fatto clamore. «A inizio stagione ho scoperto di non essere più il capitano del Milan. Ho iniziato a fare panchina. Qualcosa non andava, ho parlato con Maldini e Massara e hanno capito».
Che è successo davvero? «Mi sono ritrovata in panchina perché ho saltato un allenamento, mi hanno detto. È nato tutto così. A giugno tornerò, Maldini mi ha detto che vuole rivedermi e insieme prenderemo la decisione migliore».
Perché ha scelto la Fiorentina? «La mia prima panchina l’ho fatta contro le viola, Patrizia Panico ha incrociato il mio sguardo e ho capito. Lei è il mio modello da quando ero piccola: l’aspettavo a fine partita per le foto insieme e ora mi allena. È una delle più grandi attaccanti insieme a Carolina Morace. La Fiorentina mi ha salvata come giocatrice e come persona».
Come è stato il trasferimento? «Avevo paura che sui social mi “ammazzassero”. E invece mi hanno scritto tanti bei messaggi. Vuol dire che qualcosa di positivo al Milan l’ho fatto. Ero la bandiera per loro e non me ne sarei mai andata».
I social possono “ammazzare”? «Nel calcio femminile ancora non siamo abituate a gestire la popolarità. Tante ragazze come me psicologicamente sono deboli. Ci sono tante persone che scrivono dietro a una tastiera e non sanno quanto feriscano. Voglio parlarne con Vlahovic, chiedergli come lui affronta questo, vedo che ogni tanto sparisce da Instagram. Vorrei sapere come si sente quando sbaglia qualcosa. Ho letto i commenti di quando Dusan doveva andare via da Firenze, la scorsa estate: se succede a me, tolgo i social. Potrei rispondere male. Anche quando sbaglio un gol, perdo lucidità: penso a un mental coach che possa aiutarmi».
È cambiata la vita dal Mondiale? «La gente mi chiedeva le foto, è stato uno shock. Sono andata al mare, mi sono addormentata sulla sdraio e mi sono ritrovata una lunga fila di persone attorno a me. Non è stato facile all’inizio ma non mi ha cambiata: sono sempre la stessa ma con più responsabilità».
Quali sono i suoi attaccanti di riferimento? «Morata per lo stile di gioco ma anche Vlahovic. Due anni fa gli scrissi un messaggio: “Sei un animale, sei un mostro”. Da lì abbiamo iniziato a parlare. Da piccola, Bobo Vieri: ero innamorata di lui».
Come ha iniziato a giocare? «A ogni compleanno mia nonna mi regalava delle bambole. Io ero sempre triste, ci rimanevo male: staccavo la testa a quelle bambole e ci giocavo a calcio. I miei genitori hanno capito e mi hanno sempre supportata».
Il calcio femminile è pronto per il professionismo? «Sì. Ma dobbiamo anche fare un salto a livello mentale: non ci possiamo accontentare mai. Io mi allenavo la sera su campi ghiacciati, tornavo a casa con due pantaloncini e due magliette, dovevo farmi la lavatrice e se pioveva era un disastro. Adesso le calciatrici hanno tutto già pronto: non tutte lo sanno quanto abbiamo lottato per averlo».