Parma, Bernabé: «Gara della svolta? Scelgo il pari in rimonta contro il Palermo»
Ai microfoni di Cronache di Spogliatoio, il calciatore del Parma Bernabé ha parlato della stagione con il Parma e della gara della svolta per la stagione del club ducale.
«Parma? Appena arrivato, ho scoperto di avere un serio problema di salute. Ho avuto davvero paura di smettere. Uno dei giorni più brutti della mia vita è stato quando ho dovuto dirlo alla mia famiglia, che era ancora in Spagna. In quel periodo erano tutti felici per il nuovo contratto, per la possibilità di giocare e non si aspettavano di certo una notizia del genere. Ho avuto paura per 2-3 giorni, poi i medici mi hanno detto che c’era la possibilità di risolvere tutto operandomi. Dissi: ‘Ok, voglio farlo il prima possibile’. Buffon? Tantissime persone mi hanno scritto in quel periodo fra amici, calciatori e famigliari e non ho fatto in tempo a leggerli tutti. Ma poi c’era questo numero italiano che non sapevo di chi fosse. Scorrevo fra le chat e non so perché mi sono fermato a leggere: ‘Ciao Adrián, sono Gigi Buffon. Ti aspetto e non vedo l’ora che possa rientrare con noi’. Erano passati quasi due anni e io non avevo neanche risposto. Mamma mia, che figura».
«Quando ho capito che fosse l’annata giusta? In vari momenti, perché spesso abbiamo segnato nel finale ma se devo sceglierne uno dico la partita contro il Palermo: eravamo sotto 1-3 al 92’, ma abbiamo pareggiato. Lì il pubblico ci ha dato una spinta enorme anche per il resto della stagione. In squadra c’è chi per tutto l’anno ha detto: ‘Se andiamo in Serie A, mi taglio i capelli’. Poi c’era chi invece diceva: ‘Io invece me li tingo di bianco’. Qualcuno l’ha già fatto, poi è venuto da me: ‘Dai Adrián, fatti le treccine o tagliati i capelli’. Ma non mi fregano. I miei capelli non si toccano. Con Bonny c’è un’amicizia molto forte. In tutta questa stagione ci siamo fatti una promessa: ‘Per ogni nostro gol dobbiamo fare un’esultanza diversa’. È stato uno stimolo in più. Abbiamo un rapporto speciale».
«Serie A? Non vedo l’ora di giocarci con il Parma. A San Siro l’anno scorso contro l’Inter in Coppa Italia abbiamo sfiorato l’impresa. Se devo scegliere uno stadio dove vorrei giocare dico l’Olimpico di Roma». A guidarlo, ci sarà ancora Pecchia: «Il mister è una grandissima persona, non è scontato trovare allenatori del genere: è moderno, ti capisce e poi è in grado di cambiare modulo in base alla partita. Ti sposta qua e là e fa sentire tutti importanti. Questo è uno dei suoi più grandi meriti».
«Maresca? Se c’è una persona che devo ringraziare quella è Enzo Maresca: l’ho avuto al Manchester City nell’Under23 e mi ha voluto qui al Parma. Devo ancora sentirlo a dire la verità, voglio complimentarmi anche per la sua promozione in Premier League. Ho avuto tanti allenatori nella mia carriera, ma lui è stato il primo a credere in me facendomi fare lo step in più per arrivare fra i professionisti. E poi ha avuto il coraggio di portarmi qui. È una persona magnifica. Se sono il calciatore di oggi, lo devo a lui».
«C’è una foto che mi piace molto: Guardiola che mi abbraccia nel 2018 dopo il mio esordio con la prima squadra del Manchester City in un’amichevole con il Bayern Monaco. Immaginate: una persona che fino a poco prima guardavi solo in tv, ora ti fa i complimenti per come hai giocato e ti dà altri consigli. Sono emozioni forti. City? Ricordo che nella finale di Champions League del 2021, persa poi con il Chelsea, io ero in tribuna insieme a tanti altri giovani. Non siamo entrati negli spogliatoi: in settimana si percepiva la tensione, era altissima anche in allenamento. Magari provavi a viverla normalmente, ma poi sentivi la pressione». In quel City erano appena state poste le basi per la meravigliosa squadra che ha vinto tutto lo scorso anno. A distanza di tempo, però, Bernabé ricorda ancora molto bene i primi pensieri una volta arrivato in Inghilterra: «Arrivare nel 2018 al Manchester non è stato facile: ero in uno spogliatoio nuovo, lontano da casa e non sapevo parlare inglese. Quando cambi squadra è sempre tosta perché devi adattarti velocemente a molte situazioni differenti. Ma mi hanno trattato tutti benissimo davvero. Il City ha calciatori incredibili, sono i top a livello mondiale. Però poi fuori dal campo i vari De Bruyne, Bernardo Silva e così via sono persone normalissime. Ridono, scherzano, fanno cose che fanno tutti. Quello che mi ha stupito di più? Cancelo, aveva una qualità incredibile, ma anche David Silva: il primo anno passavo il tempo a guardare ciò che faceva in campo e cercavo di replicarlo. Lui poteva essere un calciatore a cui magari assomigliavo un po’, anche per i capelli».